«La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.”

Così la legge 211 del 20 luglio 2000 sancisce, in Italia, l’istituzione del Giorno della Memoria in ricordo delle vittime della Shoah.

Tasselli di enorme importanza per la formazione di una memoria collettiva sono libri e film, che permettono una fruizione, e quindi una riflessione, ampia sul tema. Sono famosissimi libri come “Se questo è un uomo”, o film come “Schindler’s List”, che torna al cinema proprio in occasione del 27 gennaio. A questi pilastri, si affiancano una serie di produzioni che presentano la Shoah in maniera differente, meno convenzionale, e offrono così spunti di riflessione nuovi.

Vediamo, dunque, tre libri che raccontano la Shoah in maniera differente.

  • Un sacchetto di biglie, Joseph Joffo
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Prima romanzo autobiografico e poi film, l’opera non ci presenta l’Olocausto come l’orrore  dei campi di concentramento e delle camere a gas; lo presenta, piuttosto, come un dramma che mina la quotidianità, separa le famiglie e colpisce soprattutto chi non capisce.

Si racconta infatti delle vicende della famiglia Joffo, e in particolare dei due figli più piccoli, Joseph e Maurice. I due, poco più che bambini, sono costretti dall’istituzione delle leggi razziali a separarsi dalla famiglia e a spostarsi per tutta la Francia per salvarsi. Ora soli, ora aiutati o perseguitati, daa Parigi fino a Nizza, da una colonia rifugio per ebrei e partigiani al quartier generale delle SS, da Aix-les-Bains fino al rientro a Parigi, il viaggio dei fratelli diventa fuga ma anche percorso di formazione. Inoltre, alla loro storia si affiancano quelle di chi li aiuta, li accoglie, li affianca nel loro viaggio e mostra umanità in un mondo disumano.

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  • La corsa giusta, Antonio Ferrara
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Gino Bartali. Leggenda del ciclismo italiano, celebre rivale di Coppi, ma anche, dal 2013, Giusto tra le Nazioni in quanto “non-ebreo che ha agito in modo eroico a rischio della propria vita e senza interesse personale per salvare anche un solo ebreo dal genocidio nazista della Shoah”. Ed è soprattutto di quest’ultimo titolo che si racconta in questo libro di Antonio Ferrara.

Si racconta di come, con la scusa degli allenamenti, Bartali trasportasse documenti falsi nella canna della bicicletta per permettere l’espatrio di famiglie ebree. Su e giù per gli Appennini, da Assisi fino a Firenze, evitando le perquisizioni grazie al suo essere atleta, Bartali ha contribuito, in maniera silenziosa e senza ricerca di gloria per questo, a salvare da morte quasi certa centinaia di persone.

«Il bene si fa, ma non si dice. E certe medaglie si appendono all’anima, non alla giacca.» – Gino Bartali

Questo romanzo presenta dunque l’altra faccia della medaglia, opposta alle attività o all’indifferenza di chi ha contribuito all’Olocausto. E da esso è stato tratto anche uno spettacolo teatrale, “Gino Bartali, eroe silenzioso” della compagnia Luna e Gnac.

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  • La domanda su Mozart, Michael Morpurgo
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In questo libro di Michael Morpurgo si parla, a differenza di quelli sopra detti, di campi di concentramento. Ma la Shoah è raccontata in maniera differente grazie ai toni poetici e delicati del romanzo, che avvicina il lettore alle vicende narrate con gradualità, attraverso gli occhi di una narratrice che scopre i dettagli insieme a lui.

Il romanzo racconta infatti di una giornalista che viene inviata a Venezia a intervistare il noto violinista Paolo Levi. Alla donna viene però raccomandato di non fare mai “la domanda su Mozart”. Sarà però Paolo stesso che sceglierà la giornalista come unica testimone della risposta a questa domanda; racconterà infatti le vicende dei genitori, ebrei internati in un campo e sfuggiti alla morte perché suonavano il violino, soprattutto Mozart, quando i treni arrivavano, per ridurre il terrore e il disordine degli internati destinati alle camere a gas. Il romanzo è arricchito da illustrazioni ad acquerello e racconta della Shoah come di un vortice di rassegnazione, sforzi di sopravvivenza e sensi di colpa.

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