I brand di moda distruggono i loro prodotti invenduti: Ecco la verità.

L’industria della moda produce all’incirca ogni anno 50 milioni di euro di scarti di produzione.

Con il termine “scarti” s’intende più precisamente le rimanenze di magazzino di collezioni passate che una volta superata la tendenza, sarebbero difficilmente collocabili sul mercato ai prezzi a cui le marche più rinomate sono solite vendere i loro prodotti.

L’unica soluzione possibile per i brand è dunque l’eliminazione.

Si tratta di una pratica molto diffusa in vari settori ma, in particolar modo nell’industria della moda e del lusso fondata sul concetto di esclusività. Pochi infatti, sanno che l’industria della moda è una di quelle con maggior produzione d’inquinamento, seconda soltanto a quella petrolifera.

Oltre a un impatto negativo a livello ambientale, non meno rilevanti sono le conseguenze finanziarie.

Ed eccoci al nocciolo del problema: l’acquirente dell’alta moda è disposto a pagare cifre importanti a condizione che queste rappresentino anche un ritorno etico ed economico.

Vedere lo stesso capo indossato da chi l’acquisto lo ha fatto attraverso una svendita, metterebbe in crisi l’immagine stessa della casa di moda e del relativo negoziante.

prodotti-invenduti-1-320x185 Perché i brand di moda distruggono i loro prodotti invenduti?

Il solo fatto che nei Paesi del terzo mondo vengano acquistati capi d’alta moda a prezzi stracciati, farebbe crollare la fiducia delle élite che oggi alimentano il mercato dei grandi brand. Una fiducia che per essere riconquistata, richiederebbe cospicui investimenti verso gli influencer che oggi condizionano il mondo commerciale.

L’unica alternativa logica ma rischiosa, per di impedire che un accessorio iconico diventi troppo comune, sarebbe di distruggere gli stock in eccesso piuttosto che vederli negli outlet a prezzi stracciati o peggio, in vendita sul mercato nero.

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Proprio in merito al concetto di distruzione, ha destato molto stupore che la Burberry ha deciso di eliminare col fuoco qualcosa come 32 milioni di capi invenduti: una scelta inconcepibile, per qualunque consumatore.

In realtà questo non è che l’ultimo caso di una catena che ha colpito anche altri brand internazionali operanti nella moda.

Appare spontaneo per i comuni cittadini pensare che quei prodotti invenduti possano essere venduti tramite sconti, regalati o trovare mercato in altri Paesi come quelli in via di sviluppo. Ma le logiche della moda e del fashion system non si conformano a operazioni di questo genere.

È proprio sulla base di questi dati che la Francia in questi giorni discute della “Loi Anti Gaspillage”, la legge anti sprechi.

Già approvata dal Senato e in attesa dell’approvazione della Camera, quest’ultima proibisce la distruzione dei capi invenduti e prevede l’obbligo per le aziende di sviluppare un sistema produttivo circolare tale da evitare gli sprechi, tramite il riciclo o il riutilizzo dei capi invenduti.

Non sappiamo se questo sarà sufficiente a evitare sprechi ma rappresenta indubbiamente un primo passo verso la giusta direzione, in attesa che il resto d’Europa e il mondo intero si adeguino.

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