La bellezza della diversità linguistica che va conservata e tutelata, abbattendo le barriere comunicative e diffondendo la conoscenza di questa grande ricchezza.
Istituita dall’ UNESCO nel 1999 e celebrata dall’anno seguente, la Giornata internazionale della Lingua Madre ricade in data 21 febbraio per commemorare le vittime bengalesi appartenenti al Bengali Language Movement, il movimento che richiedeva il riconoscimento ufficiale della lingua bengalese e combatteva l’imposizione dell’Urdu come lingua di Stato.

Proclamazione della Giornata internazionale della Lingua Madre

La Giornata Internazionale della Lingua Madre fu istituita nel novembre 1999 dall’UNESCO con il fine di incentivare la tutela delle diversità linguistiche e culturali. Nel 2007, inoltre, anche l’ONU ha riconosciuto questa ricorrenza.

Ma perchè proprio il 21 febbraio?

Il 21 febbraio 1952 è passato alla storia come la giornata che diede avvio a quella lunga settimana di epurazione che il governo del Pakistan orientale(oggi Bangladesh) mise appunto per liberarsi degli appartenenti al Bengali Language Movement. Gli appartenenti al Movimento erano scesi in piazza a manifestare il proprio dissenso nei confronti della decisione del Comitato dell’Assemblea Costituente del Pakistan di riconoscere come unica lingua di Stato l‘Urdu.
Il Movimento, inoltre, richiedeva il riconoscimento ufficiale del più diffuso Bengalese come lingua di Stato ed ottenne l’appoggio non solo degli studenti ma anche di molti politici.

La tutela delle minoranze linguistiche

La lingua madre non sempre coincide con la lingua di Stato ed è per questo motivo che la Giornata internazionale della Lingua Madre si pone anche come veicolo per attrarre l’attenzione mondiale sulle minoranze linguistiche che tendono sempre più a scomparire.

Il caso italiano: la penisola della Babele linguistica

Nella nostra Costituzione leggiamo:

La Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.

Lo Stato italiano, quindi, protegge questi dodici gruppi linguistici distribuiti in 1171 comuni.
Per esempio, nei comuni appartenenti alle regioni a statuto speciale la legge ammette il bilinguismo:

Trentino Alto Adige: il Tedesco è parificato all’italiano nella redazione degli atti ufficiali.
Valle d’Aosta: le lingue francese e tedesca possono essere utilizzate nei documenti ufficiali e nelle scuole per impartire alcune lezioni.
Sardegna: il Sardo e il Catalano vengono riconosciute come seconde lingue ufficiali di alcuni comuni.
Sicilia: l’Albanese viene utilizzato nelle scuole, nelle TV locali e nella stesura di documenti ufficiali per gli appartenenti alla minoranza etnica stanziata nella Piana degli Albanesi.
Veneto: nei territori dolomitici è facile imbattersi in cartelli con scritte in ladino.

La lingua italiana: la vera fautrice dell’Unità nazionale

La lingua italiana esiste da prima che l’Italia esistesse come stato unitario.
Nata nella culla della Sicilia alla coorte di Federico II, si diffuse poi in Toscana e di lì si diramò in tutto il territorio italiano.Complice I Promessi sposi di Alessandro Manzoni, la lingua Italiana ha fatto l’Italia prima che la facessero gli Italiani.

Infatti, proprio l’appartenenza alla stessa lingua costituì nell’Ottocento uno delle ragioni che animarono i moti rivoluzionari contro gli oppressori stranieri. In altri Stati che non hanno goduto di questo efficace elemento di coesione, il separatismo passa anche per istanze linguistiche, così come sta accadendo in Catalogna.

 

Autore: Rosaria Scialpi

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