Conflitto tra Francia e Turchia: in queste settimane la Francia affronta una nuova stagione di terrorismo islamico. All’origine di tutto c’è l’irriverente comicità di Charlie Hebdo che ha fatto infuriare i musulmani.
Il loro aspirante protettore, il “Sultano” Erdogan, spara a zero su Emmanuel Macron, intervenuto a difesa della libertà di espressione. Cosa c’è dietro la difesa dell’Islam, zelo religioso o calcolo politico?
I fatti che hanno portato al conflitto tra Francia e Turchia
Durante la seconda metà di ottobre in Francia sono avvenuti diversi attentati terroristici. A fare scalpore, in particolare, sono stati la decapitazione del professore Samuel Paty ad opera del ceceno Abdullakh Anzorov, il 16 ottobre, e l’attacco alla cattedrale di Nizza compiuto da Brahim Aoussaoui, in cui hanno perso la vita tre persone, il 29.
In Francia gli attentati hanno scatenato di nuovo i dibattiti sulla libertà di espressione, la sicurezza e sulla gestione dell’Islam all’interno del Paese. L’omicidio del professor Paty, reo di aver mostrato in classe delle vignette di Charlie Hebdo in cui si offende Maometto, ha acuito il conflitto tra Francia e Turchia.
Infatti il presidente francese Emmanuel Macron ha difeso durante un discorso il valore della libertà di espressione e, quindi, la controversa satira di Charlie Hebdo. Queste dichiarazioni non sono piaciute al “Sultano” Tayyip Erdogan che si è posto come protettore della fede islamica.
Conflitto tra Francia e Turchia: le accuse di Erdogan e le reazioni alle sue parole
Il presidente turco accusa Macron di fomentare l’islamofobia nella popolazione e di ricordarsi dei musulmani solo per le sue manovre politiche. Inoltre, ha invitato i suoi cittadini e tutto il mondo islamico a boicottare i prodotti francesi. Molti Paesi islamici vicini alle vedute della Turchia hanno accolto questo appello.
In Kuwait, Libia, Qatar e Giordania diversi negozi hanno ritirato dagli scaffali i prodotti made in France e, inoltre, l’università del Qatar ha annullato la “Settimana della cultura francese”. Invece a Dacca, capitale del Bangladesh, il partito islamista ha organizzato una manifestazione contro Macron con 40000 partecipanti. Altre proteste sono avvenute nella Striscia di Gaza e in Israele.
Altre Nazioni si sono unite alle proteste con toni più o meno accesi. l’Arabia Saudita, in primis, poi l’Iran, Marocco, Algeria e i Ceceni hanno condannato con forza le vignette blasfeme di Charlie Hebdo difese da Macron.
Un caso a sé è la Tunisia, dove i leader non hanno condannato le parole del presidente francese, le proteste sono state limitate e, addirittura, quaranta intellettuali hanno firmato una petizione per denunciare un professore che ha difeso l’azione dell’assassino di Samuel Paty.
Al fianco dell’Eliseo si sono schierati i membri dell’Unione Europea tra cui la Germania e l’Italia. La cancelliera tedesca Angela Merkel condanna fermamente le parole di Erdogan giudicandole diffamatorie. Infatti il presidente turco in una delle sue dichiarazioni, oltre ad esortare il boicottaggio dei prodotti francesi, ha invitato Macron ad andare da uno psicoterapeuta.
La Francia: Macron tra il covid 19 e i disordini interni.
L’attuale situazione della Francia non è particolarmente felice: la pandemia da covid 19, la crisi economica e la minaccia del terrorismo islamico minano alla base la tenuta dello Stato transalpino.
Gli attentati dello scorso ottobre hanno reso ancora più evidente all’opinione internazionale che in Francia la questione della sicurezza sta sfuggendo di mano. Le frange fondamentaliste dell’Islam che fanno capo all’ISIS e ad Al-Qaeda e sono appoggiate dalla Turchia ne stanno approfittando.
Dati alla mano in Francia sono presenti 21000 individui considerati pericolosi per la sicurezza nazionale e 120000 minori vicini alle associazioni della fratellanza musulmana che portano spesso alla radicalizzazione dei fedeli.
Emmanuel Macron è ben conscio del pericolo che il “separatismo islamico” rappresenta. Con questi termini ci si riferisce a quei gruppi di fedeli che hanno una propensione a radicalizzarsi e diventare un fattore di instabilità nel tessuto sociale e politico. Per contrastare il fenomeno, il presidente francese ha ordinato la chiusura di 73 tra moschee e scuole coraniche.
Macron non si ferma alla semplice eliminazione degli elementi più dannosi dell’Islam in Francia, ma punta alla creazione un “Islam nazionale”. Questa mossa gli permetterebbe di controllare meglio i fedeli musulmani francesi, prevenirne la radicalizzazione ed estromettere l’influenza straniera, in particolare quella turca, dai luoghi di culto.
L’Islam e le prossime elezioni francesi.
Il piano del capo di En Marche ha anche un risvolto elettorale. Tra un anno e mezzo i Francesi saranno chiamati alle urne e Macron vuole tenersi stretta quella fetta di elettorato sensibile alla questione della sicurezza interna che altrimenti potrebbe votare per Marine Le Pen, leader di Rassemblement National.
Le manovre del presidente Macron sono supportate anche da una retorica molto forte che ha spesso fatto indignare i musulmani e il loro difensore Erdogan. Attaccare l’Islam (seppur bersagliando la sua parte più radicale) definendolo “una religione in crisi” e difendere le vignette satiriche di Charlie Hebdo nel nome della libertà sono mosse molto pericolose che possono destabilizzare la società francese.
Infatti la popolazione di fede islamica in Francia è molto numerosa e sta acquistando negli ultimi anni molto potere politico. Le tensioni di queste settimane e le parole di Macron e Erdogan rischiano di infiammare gli animi in un momento difficile per l’Esagono.
Conflitto tra Francia e Turchia: luci e ombre del Sultano Erdogan.
Le vignette satiriche su Maometto pubblicate da Charlie Hebdo hanno dato occasione alla Turchia di attaccare la Francia e, addirittura, altre Nazioni islamiche.
Recep Tayyip Erdogan già da tempo lancia i suoi strali contro l’Europa e ostenta sicurezza e aggressività. Emmanuel Macron, in particolare, è uno dei suoi bersagli preferiti.
Conflitto tra Francia e Turchia: un problema che viene da lontano
Turchia e Francia si trovano ai ferri corti in diversi scenari come la Grecia, la Libia, il Nagorno-Karabakh e nella gestione dei migranti in transito dalla penisola anatolica all’Europa.
L’ultima questione è uno degli assi nella manica di Erdogan per tenere sotto scacco l’Unione Europea ed ottenere finanziamenti da essa. Ma le ultime frizioni con la Francia stanno mettendo in discussione le relazioni tra l’Europa e Ankara. La Cancelliera Angela Merkel ha dichiarato:”Le parole del presidente turco Erdogan contro la Francia e il presidente Macron sono diffamatorie e assolutamente inaccettabili”.
I fronti caldi per la Turchia non sono aperti solo con l’Europa, ma anche con i Paesi del Golfo. Qui il braccio di ferro avviene in ambito religioso. I Paesi del Golfo, capitanati dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti, formano un blocco anti-Islam politico. Erdogan, invece, usa la fede come uno strumento per catalizzare l’attenzione, il favore e il potere sulla Turchia puntando a farla diventare il nuovo centro dell’Islam.
Neo-ottomanesimo o nascondere le proprie debolezze?
Queste ambiziose manovre politiche e religiose della Turchia sono etichettate col nome di “neo-ottomanesimo” in ricordo dei fasti dell’Impero Ottomano. Ma è tutto oro quel che luccica? Certamente no e la situazione di Ankara ne è l’esempio: questo dinamismo geopolitico nasconde l’attuale fragilità della Turchia e i fallimenti del suo Sultano.
Dietro le parole arroganti e le mosse autoritarie di Erdogan si celano una rivoluzione culturale in stallo, un’economia indebolita dalla pandemia e una moneta, la lira turca, che va svalutandosi sempre di più. La svalutazione della lira mina alla base un’importante fonte di guadagno della Mezzaluna: gli investimenti esteri.
Perciò l’apertura di tanti fronti all’estero serve al “Sultano piromane” (così l’ha definito la nota testata Le Monde) per distrarre l’opinione pubblica dai problemi interni della Turchia e guadagnare prestigio internazionale.
Conflitto tra Francia e Turchia: le conclusioni.
Gli attentati in Francia e le stoccate tra Erdogan e Macron sulla satira di Charlie Hebdo hanno fatto molto scalpore in Europa. Sì è aperto in questi giorni un grande dibattito sulla libertà di espressione, a seguito del conflitto tra Francia e Turchia.
Allora una riflessione che invito il lettore a fare alla luce di questi avvenimenti è: cosa significa “libertà di espressione”? Perché è così importante? Esistono dei limiti a tale libertà? Se sì, è accettabile una satira pesante ed irriverente come quella di Charlie Hebdo?