Attualmente è in atto una protesta che è nata in un luogo circoscritto ma che sta avendo una rilevanza nazionale: la protesta dei pastori sardi in merito al crollo del prezzo del latte prodotto proprio sull’isola dei Quattro Mori. Perché questa protesta si sta verificando? Cosa sta comportando? Cerchiamo di capire.

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(www.lastampa.it)

I perché della protesta

In questi giorni è stata presa la decisione di ridurre drasticamente il prezzo del latte prodotto in Sardegna, alla base della produzione del pecorino romano (ricordiamo uno degli ingredienti alla base di uno dei piatti iconici della tradizione culinaria laziale e non solo, la celeberrima amatriciana).

Tale decisione ha motivato le rimostranze, decise, forti e anche plateali (come si vede in alto, il rovesciamento delle taniche di latte), dei primi produttori di tale “oro bianco”, i pastori sardi, una categoria che più di un insieme di lavoratori, è una delle spine dorsali e più iconiche di una ragione come la Sardegna da sempre contrassegnata dalla pastorizia.

Pare che sia 60 centesimi la cifra per litro di latte che i proprietari dei caseifici produttori di pecorino romano pagano attualmente per produrre il formaggio, stando invece ai pastori la cifra più congrua per loro sarebbe invece di 1 euro. 40 centesimi a chiunque potrebbero sembrare uno scarto esiguo, trascurabile, ma così non è: se si moltiplicano 40 centesimi per le migliaia di litri di latte prodotto e poi acquistato dunque a prezzo inferiore dai produttori, ci si accorge che l’ammanco rivendicato dai pastori sardi è estremamente significativo per le loro tasche e per tutto l’indotto connesso. E’ stato calcolato che di questo passo i pastori perderanno 14 centesimi per ogni litro di latte.

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La protesta sul deprezzamento del latte sardo ha oltrepassato il mare e si è diffusa anche sulla penisola: qua una protesta a Piacenza (www.liberta.it)

Da un lato qualcuno (i proprietari dei caseifici) parla di eccedenze nei depositi e dunque di un surplus di latte, il che spiegherebbe un prezzo ribassato della materia prima. Dall’altro lato i pastori, i quali presentano i loro conti continuamente (e sempre di più) in rosso e le loro accuse contro gli industriali di costituirsi fronte comune contro di loro.

In anni recenti, il problema è partito proprio dal Lazio: il mercato del pecorino romano DOP ha vissuto prima una forte flessione e poi una relativa ripresa, e questo andamento altalenante del mercato ha duramente colpito la filiera, a partire dai pastori sardi.

Prima, il pecorino veniva venduto a 8 euro al chilogrammo, il che consentiva di pagare il latte ai pastori 85 centesimi al litro, dunque ben 25 centesimi in più di quanto sia pagato ora. Poi, la domanda di pecorino DOP è diminuita, il prezzo del formaggio è calato (stando agli ultimi dati ufficiali dell’inizio di febbraio) a 5,40 euro al chilogrammo, e di conseguenza il latte veniva acquistato in minor quantità ai pastori sardi. È stato così che il prezzo del latte al litro è drasticamente calato, con conseguenze nefaste.

Cosa è stato deciso di fare per protesta?

Le immagini con cui la protesta per il calo del prezzo del latte è emersa all’attenzione di tutti sono state forti: molti pastori hanno voluto per protesta rovesciare in strada la “loro” materia prima (di fatto, gettando via il latte, un atto che i pastori  equiparano alla svalutazione drastica dei prezzi messa in atto in questo periodo).

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www.sardegnalive.net

Questi gesti plateali come già è stato detto si sono diffusi un po’ a macchia di leopardo in Sardegna e non solo, ovunque ci siano dei produttori, dei commercianti o dei pastori solidali con la causa dei pastori sardi, che davvero ha impressionato molto (e anche indignato chi sostiene che agire in questo modo è “sprecare inutilmente” il latte).

Perfino la squadra del Cagliari Calcio, dopo aver lasciato il centro sportivo di Assemini è stata in qualche modo colpita dalle proteste. Sulla strada verso l’aeroporto, dove la squadra stava andando per recarsi alla sfida contro il Milan a San Siro (e dove ha indossato magliette bianche sulla casacca ufficiale prima della partita in segno di solidarietà), il pullman dei rossoblu è stato bloccato in strada dalle proteste, e qualche componente della squadra è sceso e ha manifestato vicinanza alla causa dei pastori sardi.

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Il Cagliari Calcio solidale a San Siro con la causa dei pastori sardi (www.ansa.it)

Cosa è stato deciso di fare oltre alle proteste in strada?

In risposta a quello che dal Codacons è considerato un atto vero e proprio di aggiotaggio, sono stati annunciati due esposti, uno alla Procura della Repubblica di Cagliari e uno all’Antitrust. È stato invocato a supporto delle istanze dei pastori sardi l’articolo 501 del codice penale che punisce con la reclusione fino a tre anni i responsabili di alterazioni fraudolente dei prezzi del mercato e l’articolo 12 della legge n.1 del 2012 che punisce gli illeciti in campo agroalimentare. Come si verificherebbero proprio in questo caso specifico.

Il Codacons ritiene che questo calo dei prezzi della materia prima sia motivato dalla volontà di favorire i produttori di latte stranieri (che vendono ad un prezzo inferiore il latte, dunque diventerebbe più conveniente importare dall’estero piuttosto utilizzare il prodotto italiano) su quelli italiani. Ecco il motivo per cui le associazioni di categoria hanno annunciato di voler procedere presso le sedi consone delle Procure con indagini sulle attività del Ministero per le politiche agricole.

Le accuse alle scelte del Ministero e degli industriali dunque sono molto pesanti, ancor prima di scoprire se siano fondate o meno. Cosa si è pensato di fare per iniziare almeno a fronteggiare la protesta in atto?

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Proteste in atto a Roma (www.agi.it)

A Roma si è svolta una grande manifestazione delle associazioni di categoria, di simpatizzanti con la causa e di pastori e produttori in generale davanti alla sede della Camera a Montecitorio, dopo che il premier Conte si è recato in visita a Cagliari.

Nel capoluogo sardo è stato convocato un tavolo di confronto (il cosiddetto “tavolo del latte”) che vedrà riunite la Regione Sardegna, le associazioni di categoria, i rappresentanti degli industriali proprietari dei caseifici, l’OILOS (l’Organizzazione Interprofessionale del Latte Ovino Sardo). Si preannuncia un dialogo difficile, per come si è configurato drammaticamente lo scenario attuale della vendita del latte ovino sardo. Coldiretti si è chiamata fuori dal tavolo per via delle accuse di “fare cartello” rivolte al Dicastero di Centinaio e agli industriali.

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Le reali “protagoniste” dell’intera vicenda anche loro in atto di protesta in piazza a Roma (www.meteoweb.eu)

Si ritiene, stando alle previsioni, di poter offrire ai pastori sardi una forbice di retribuzione del prezzo del latte fra gli 80 e gli 85 centesimi al litro (dunque quasi pari al prezzo della materia prima pagato prima della crisi del pecorino romano DOP).

La somma verrebbe immessa nella filiera sarda con un budget di circa 20-25 milioni di euro accordato alla regione Sardegna e prelevato dal fondo dell’ovicaprino nazionale. In questo modo si aiuterebbero i pastori indigenti e anche le cooperative più piccole.

Che cosa ci si deve augurare a questo punto?

La speranza, dal momento che si tratta di una situazione che si, è balzata agli onori delle cronache nazionali un po’ all’improvviso, ma che è realmente molto grave per chi ne è coinvolto, è che si arrivi ad un sistema di soluzioni concrete e condivise e che non si tratti di provvedimenti ad hoc momentanei creati per far “tacere” i pastori sardi e tutte le figure dell’indotto (soprattutto in vista delle elezioni amministrative del 24 febbraio prossimo in Sardegna).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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