Avvicinandosi il Giorno della Memoria, si moltiplicano le celebrazioni, i ricordi, le cerimonie. Uno dei modi con cui si celebrano le vittime dell’immensa barbarie che fu la Germania nazista è la cosiddetta pietra d’inciampo, o, in tedesco Stolpersteine.

Di che si tratta esattamente? 

Si tratta dell’iniziativa personale dell’artista tedesco Gunter Denmig, il quale ha pensato di dedicare questi piccoli “monumenti” (dei “normali” sanpietrini, in apparenza) alla memoria di molte delle vittime del nazismo.

Sono riportati su ogni pietra nome, cognome, data e motivo dell’arresto, lager di deportazione e data di morte di ognuno.

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Alcuni esempi di pietre d’inciampo a Roma nel rione Monti (www.ansa.it)

In apparenza sono dei sanpietrini normali, ma assolvono benissimo all’idea di base dell’iniziativa di Denmig, che è appunto ricordare molte delle vittime delle persecuzioni razziali in un modo semplice ma efficace.

Sulle pietre di inciampo si “inciampa” soltanto metaforicamente, nel senso che ci si accorge subito della loro presenza, e non si inciampa realmente.

Le pietre risultano ben visibili nel contesto della strada perché di fatto risaltano col loro differente colore e materiale rispetto al resto del selciato, e quasi inevitabilmente ci si ferma a leggere quanto scritto sulla superficie. 

 

Denmig ha iniziato a comporre e a posare queste pietre iniziando a formare questa sorta di “galleria della memoria” a cielo aperto, a partire dal 1993.

Oggi ci sono oltre cinquantamila pietre nei territori dell’ex Terzo Reich,  237 si contano soltanto a Roma. Il numero delle pietre d’inciampo è destinato ad aumentare costantemente.

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Denmig intento alla posa di alcune pietre (www.ilgiunco.net)


Come è nata l’idea delle pietre di inciampo?

L’idea è partita dalla scoperta che Denmig ha fatto di una grande ondata di deportazioni effettuata nel maggio 1940  da tre diverse città tedesche: oltre mille fra rom e sinti furono deportati in quell’occasione, e fu soltanto il tragico inizio delle deportazioni nel Reich.


Per ricordare le persone deportate, Denmig iniziò ad apporre le prime pietre d’inciampo a Colonia, una delle tre città coinvolte nella deportazione, attirando l’attenzione anche del rabbino della comunità ebraica locale. 

 

Pare che una signora allora chiese a Denmig che cosa stesse facendo, chi  stesse ricordando: infatti nessuno in città ricordava che là avessero mai abitato anche dei rom e dei sinti.  

Evidentemente, la memoria delle persone (o quantomeno, di certe persone) abbandona “facilmente” i luoghi.

Denmig si rese conto che queste persone, nello specifico rom e sinti, erano talmente ben integrate (come del resto avveniva anche in Italia con la comunità ebraica) nella comunità locale che non venivano proprio avvertite come “diverse”.

Questo è il motivo per cui  è fondamentale recuperare e trasmettere la memoria delle persone, dei fatti e dei luoghi, perché la memoria è labile, e si perde facilmente. Le pietre d’inciampo sono solo uno dei tanti modi per farlo.

Ecco perché  quando le persecuzioni iniziarono ci si “stupì” abbastanza che ci fossero dei cittadini “diversi” dagli altri, con confessioni religiose diverse, con abitudini, costumi diversi e festività differenti.

Soltanto in un secondo momento dunque la comunità ebraica chiese a Denmig di occuparsi della memoria delle proprie vittime.

Ci si può chiedere a questo punto, come si può ottenere il riconoscimento delle pietre d’inciampo per qualcuno di caro? Come si può richiederne la posa anche nella propria città qualora non ci siano ancora?

 

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La pietra d’inciampo dedicata a Don Pietro Pappagallo (www.roma.corriere.it)


Denmig si reca  sempre nelle varie città quando viene proposta per la prima volta l’iniziativa o quando c’è bisogno di posare nuove pietre per cui è stato dato il nullaosta. 

In Italia è stata Roma ad iniziare questo percorso della memoria, nel 2010


Roma, Torino e Milano nel nostro Paese sono le città con più pietre d’inciampo.

 

La scelta dei nomi da ricordare come avviene? 

Sono le famiglie stesse delle vittime, o chi comunque ne fa richiesta, a proporre i nomi, allegando quante più informazioni possibili (e una documentazione il più possibile completa a supporto) agli Enti locali, che si fanno carico di attivare l’iter.

Se compaiono solo “alcuni” nomi piuttosto che altri non c’è nessuna dietrologia alla base, ci possono essere persone anche ignare del destino del proprio congiunto, perché per molti aprirsi e parlare della propria esperienza non è stato e non è facile (capitava che il proprio passato doloroso fosse taciuto per tutta una vita) o ci possono essere persone anche disinteressate a ricordare qualcuno con una pietra d’inciampo, e non per questo debbono essere biasimate. 

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Fiori portati vicino ad alcune pietre come fossero sepolture (www.quotidiano.net)

 

Ogni città per l’apposizione delle nuove pietre d’inciampo agisce in modo diverso a seconda dei vari regolamenti comunali, ma in generale vengono coinvolti vari uffici ed enti, come gli uffici del traffico, del decoro urbano (perché si tratta di una piccola ma significativa modifica del paesaggio urbano) ecc.  

Tutta al Giunta comunale deve concordare sulla posa di ogni nuova pietra e solo così si può avere “il via”.

 

A Roma esiste addirittura uno sportello del Comune che si occupa della posa delle pietre d’inciampo: le famiglie o le persone interessate si rivolgono all’ufficio e ne possono chiedere l’installazione. Si è reso necessario un organo apposito perché il progetto delle pietre nella Capitale ha raggiunto dimensioni enormi, ci sono ormai migliaia di pietre, tanto che addirittura si sono composti dei percorsi per poterle visitare.

Essendo che la stragrande maggioranza delle vittime del nazismo non ha avuto una sepoltura, e mancando allora un luogo per ricordare chi non c’è più, spesso si assumono proprio le pietre d’inciampo come “sepoltura” di chi ha subito questo destino, si portano fiori, ci si raccoglie davanti ad esse.

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Ogni pietra è occasione di ricordo, partecipano alle cerimonie di posa Comuni, Enti ed associazioni come l’ANPI; qua nel Canavese (www.ilcanavese.it)

A cosa “servono” le pietre?

Ogni pietra è un simbolo e un ricordo, non retorico e non celebrativo.

Si tratta di un modo concreto ed evidente per evidenziare la memoria di chi non c’è più. 


Il recupero del nome e di pochi altri dati personali può sembrare poco in apparenza ma conta invece moltissimo per la memoria di persone che erano state ridotte a numeri e dunque sarebbe state altrimenti destinate all’oblio.

A Roma di recente si sono verificati episodi vergognosi di furti di alcune pietre d’inciampo posate nel rione Monti per ricordare molte delle vittime romane delle persecuzioni; ma anche in Germania, stando a Denmig stesso, che poi ha provveduto a riposizionarle, ci sono stati molti furti. Fortunatamente parecchie delle pietre d’inciampo di Roma sono state rinvenute nei giorni scorsi.

 

I buchi nelle strade, segno dei furti avvenuti, sono altrettanto evocativi della presenza delle pietre stesse.

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Si portano fiori, ricordi e candele anche in assenza delle pietre (www.roma.repubblica.it)

 

Oggi, le pietre d’inciampo hanno avuto ulteriori “rielaborazioni”: sono state posate per esempio per ricordare le vittime di mafia, come Don Pino Puglisi, o Peppino Impastato.

A Cinisi, per coprire parte del famoso e tragico tragitto di cento passi fra la casa di Peppino Impastato e del boss Tano Badalamenti, sono state apposte delle apposite pietre d’inciampo.

Ogni genere di iniziativa è utile e importante per non dimenticare la memoria di nessuno.

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Una delle pietre posate nel percorso dei Cento Passi, a Cinisi  (www.peppinoimpastato.com)

 

 

 

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