“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”, diceva Primo Levi. Quella di “Sulla mia pelle”, il racconto degli ultimi sette giorni della vita di Stefano Cucchi, è una storia impossibile da capire e non ancora del tutto chiarita dopo nove anni, ma che è necessario conoscere.

Presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, “Sulla mia pelle”, alla prima proiezione, ha riscosso un immenso successo. La standing ovation, più di sette minuti di applausi alla fine della proiezione, ha avuto il potere di scatenare un commovente abbraccio fra Alessandro Borghi e Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, presente alla prima del film. Certamente, questa è una di quelle pellicole destinate a fare discutere, dato che il dibattito sulla vicenda Cucchi non si è mai placato. Ancora non è stata trovata una spiegazione scientificamente condivisibile sulla morte di Stefano, come viene detto nei titoli di coda del film.

Su Netflix e in molte sale italiane, distribuito da Lucky Red, “Sulla mia pelle” è disponibile dal 12 settembre.

https://youtu.be/ep-O2Nl0P0s (↵ questo il trailer)

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L’abbraccio fra Alessandro Borghi e Ilaria Cucchi al termine della proiezione del film a Venezia (www.fanpage.it)

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Il cast e il regista del film a Venezia (www.lascimmiapensa.com)

Premettiamo subito che la scelta nel film è stata quella di non mostrare la violenza inflitta a Stefano durante la notte dell’arresto. Anzi, il momento è stato messo in risalto da un silenzio irreale, quasi vibrante, posto subito dopo un crescendo di musica molto marcato. Viene inquadrata soltanto la porta della stanza dove tutto si stava compiendo.

Il film è stato girato spesso con un inquadratura in soggettiva (cioè con la telecamera posizionata dal punto di vista dello stesso protagonista), e per questo  sembra proprio un documentario, girato ora per ora, giorno dopo giorno. Si prova quasi timore nell’approcciarsi ad una vicenda così controversa, dolorosa e delicata al tempo stesso come quella di Stefano Cucchi, e si spera quasi che il finale sia sempre un altro: così non è purtroppo, non c’è rischio di fare spoiler.

La trama, in breve

Stefano Cucchi è un giovane geometra romano di 31 anni, epilettico, con un difficile passato di tossicodipendenza, che lavora nello studio del padre Giovanni, geometra anche lui (Max Tortora). Il resto della famiglia è composto dalla madre Rita (Milvia Mariglione), ex maestra, e dalla sorella Ilaria (Jasmine Trinca), sposata e con due bambini piccoli. A Stefano, nonostante l’opposizione iniziale della sorella per via dei suoi difficili trascorsi di dipendenza da droghe, i genitori avevano perfino comprato un appartamento, dove dopo la sua morte verranno trovati dagli stessi, 1 kg di hashish e 130 gr di cocaina (subito denunciati alle forze dell’ordine dalla famiglia). Questo perché Stefano, nonostante il rehab a San Patrignano, faceva ancora uso, seppur molto saltuariamente, di sostanze. Contrariamente a quanto avveniva in passato, l’uso di droghe era strettamente personale ed a scopo terapeutico. Una cosa di cui la famiglia non era a conoscenza.

La notte del 15 ottobre 2009 Stefano venne fermato dai carabinieri mentre si trovava in macchina con un amico, sorpreso nell’atto di passargli una sigaretta. Quest’azione innocua venne interpretata come l’atto di passare una canna all’amico e i due furono fatti uscire dall’auto, perquisiti e posti in stato di fermo. Nell’auto di Stefano i carabinieri sentirono odore di hashish e vennero rinvenute nei pantaloni di Stefano delle misteriose pasticche (in realtà i suoi medicinali per l’epilessia, che gli saranno negati, contribuendo a peggiorarne le precarie condizioni fisiche, fino all’entrata in carcere). I carabinieri che perquisirono Stefano sono gli stessi che lo picchiarono la notte dell’arresto e che lo portarono in tribunale per l’udienza per la convalida del fermo, dopo una lunghissima notte passata nella cella della caserma e dopo vari trasferimenti da una stazione dei carabinieri all’altra. Dopo una prima assoluzione di tutti gli imputati, furono tre i carabinieri accusati di omicidio preterintenzionale al nuovo processo conclusosi il 10 luglio 2017, e altri due vennero accusati di calunnia e falso in atto pubblico, questo perché all’udienza per la convalida del fermo giurarono che Stefano non stava passando una sigaretta all’amico, ma stava vendendo della droga ad un acquirente abituale.

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(www.cineblog.it)

Nella notte, a casa dei genitori si presentano i carabinieri, con Stefano, per perquisire la casa alla ricerca di droghe. Della vicenda dell’arresto, la famiglia Cucchi venne informata dai carabinieri la mattina successiva, quando le forze dell’ordine si presentarono dai genitori gelandoli con la notizia che Stefano era stato arrestato per possesso di droga, che l’avvocato abituale era già stato chiamato (mentre non era affatto così: si occupò del caso un avvocato d’ufficio che nulla sapeva della tossicodipendenza di lunga data di Stefano a non conosceva la famiglia) e che Stefano stava per essere processato in direttissima per la convalida dell’arresto. Il diritto a vedere il proprio avvocato venne negato a Stefano in ogni momento; per questo, anche quando le sue condizioni di salute peggiorano, egli rifiutò sempre le cure sino al momento del confronto con il proprio legale.

Soltanto il padre si recò in tribunale e lo shock fu immenso quando rivide il figlio: Stefano era quasi irriconoscibile in volto, portava chiari segnali di una colluttazione. Inizialmente la famiglia pensò che la responsabilità del gesto fosse di un altro detenuto, ma poi capirono che non sarebbe potuto essere  così, dato che la prima notte Stefano l’aveva trascorsa nella cella dei carabinieri, non in carcere. Come già accennato, i carabinieri incaricati della sua custodia giurarono il falso in fase processuale, così che Stefano venne incolpato di fare uso e detenzione di droga ai fini dello spaccio e condannato ad un mese di carcere, fino al processo, che si sarebbe dovuto tenere un mese dopo, il 13 novembre. Il pubblico ministero, i carabinieri presenti in aula e il giudice furono gli unici a non commentare i lividi e i traumi di Stefano: nessuno in sede processuale chiese pubblicamente le origini e i motivi. Lo stesso imputato non lo disse pubblicamente, forse per non peggiorare la sua situazione, finché furono quegli stessi carabinieri a tenerlo in custodia.

Al secondino che registrerà il suo arrivo in carcere, durante la prima notte a Regina Caeli, ad un altro detenuto, al medico che lo visiterà constatandone le pessime condizioni di salute, però Stefano confessò  subito la verità, cioè che erano stati i carabinieri a picchiarlo. Infatti, oltre ai lividi che quasi avevano deformato il viso, Stefano aveva fortissimi dolori alla schiena, dovuti ai traumi ricevuti che gli avevano incrinato due vertebre e che gli rendevano difficile muoversi, sedersi e camminare eretto.

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Una scena ambientata nella cella di sicurezza del tribunale (www.diregiovani.it)

Stefano venne poi visitato all’ospedale  Fatebenefratelli per i gravi traumi ricevuti, gli fu fatta un’ecografia alla schiena e gli venne messo un catetere per la sua difficoltà ad orinare.

Per la mancanza di posti letto e la necessità di un’assistenza medica continua, non venne riportato al Regina Caeli o tenuto al Fatebenefratelli, ma fu trasferito all’ospedale Sandro Pertini, nel reparto di Medicina protetta per i detenuti bisognosi di cure.

Non ci sono camerate d’ospedale ma delle celle vere e proprie, ore specifiche in cui è possibile fumare e soprattutto orari e giorni appositi in cui le famiglie possono vedere i ricoverati e informarsi dai dottori sulle loro condizioni di salute. I genitori di Stefano, allertati del ricovero e del trasferimento e ancora all’oscuro dei suoi problemi di salute, nella notte fra sabato 16 e domenica 17 ottobre, si recarono al Pertini per vedere finalmente il figlio, ma la guardia di turno disse loro che avrebbero avuto bisogno di un permesso speciale del giudice per vederlo e avrebbero dovuto aspettare e  tornare il lunedì per parlare con i medici, dato che non sarebbe stato possibile farlo nell’immediato (cosa che non era stata detta loro subito).  Sarebbe stato necessario un giorno per ottenere i permessi, ed a Stefano venne nuovamente negato il proprio avvocato.

Lunedì 18 ottobre i genitori tornano al Pertini per vedere il figlio, parlare con i medici e lasciargli dei vestiti puliti ma la guardia all’ingresso impedisce loro ancora una volta di vederlo a causa della mancanza del permesso apposito dal tribunale (non arrivato in un giorno come era invece stato detto loro). Stefano rifiuta ancora di sottoporsi agli esami medici e ripete ancora le lastre di controllo alla schiena.

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Jasmine Trinca interpreta Ilaria Cucchi (www.amazingcinema.it)

Nemmeno martedì 19 ottobre i genitori possono vedere Stefano: Ilaria Cucchi allora chiama l’avvocato, sempre più esasperata, per chiedere cosa mai dovessero fare per vedere Stefano al Pertini dato che da sabato 16, dal ricovero, non si hanno più sue notizie.

Mercoledì 20 ottobre Stefano è sempre più disidratato, beve sempre di meno, rischia un blocco renale, ma continua a rifiutare le cure se non avesse potuto vedere il proprio avvocato come era suo diritto (era da sabato al processo che non lo vedeva).

Ad una volontaria d’ospedale che si trovava in camera sua, Stefano fa chiamare il cognato Luca, il marito di Ilaria, temendo forse che la famiglia fosse arrabbiata con lui per via della tossicodipendenza, e per quel motivo non si facesse vedere (non aveva idea in realtà di tutte le difficoltà che stavano incontrando per venirlo a trovare). Stefano era sempre più provato, parlava e si muoveva a fatica, e al detenuto della stanza di fianco, di notte, dal muro dirà che si rammaricava per tutti i dolori dati alla famiglia e che avvertiva una strana sensazione.

Il Giovedì mattina del 22 ottobre 2009 Stefano Cucchi viene trovato morto dagli infermieri venuti a visitarlo ( ed è anche la scena con cui si apre il film). I carabinieri informeranno la famiglia (che ancora non l’aveva potuto vedere dal ricovero) della sua morte la mattina stessa andando a casa dalla madre, sola con la nipotina, e chiedendole di firmare per autorizzare l’autopsia del figlio.

Ilaria Cucchi e i genitori però avranno difficoltà a vedere Stefano perfino da morto: infatti non lo possono vedere senza il permesso del pubblico ministero, ma il medico di turno alla fine permetterà loro di vedere la salma di Stefano, praticamente irriconoscibile.

 

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