Oggi è 9 maggio. Quarant’anni fa veniva ritrovato in via Caetani, a Roma, il corpo di Aldo Moro in una Renault 4 . Dopo 55 giorni di prigionia, il rapimento finì col peggior esito che potesse avere. 

259px-Aldo_Moro_br Aldo Moro: quarant'anni dopo la sua morte

Fonte foto: Wikipedia

 

 Iniziò tutto il 16 marzo 1978, alle 8:45, in via Fani a Roma. Quella mattina il nuovo Governo guidato da Andreotti sarebbe stato presentato in Parlamento per ottenere la fiducia. Moro era diretto lì, ma fu intercettato dai brigatisti che lo rapirono e che uccisero i due carabinieri a bordo dell’auto con lui ed i tre poliziotti che viaggiavano sull’auto di scorta.

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Fonte foto: LecceNews24

 

Dopo il rapimento, passarono 55 giorni di sequestro. Le Brigate Rosse non avevano mai azzardato il rapimento di un personaggio così di spicco della politica di quei tempi. I brigatisti si facevano chiamare “partito comunista combattente” ed avevano scelto la lotta armata per combattere lo Stato.

Il rapimento di Moro fermò l’Italia: chiusero i negozi, scioperarono le fabbriche e si bloccarono le lezioni a scuola.

MoroRepubblica-778x500-320x206 Aldo Moro: quarant'anni dopo la sua morte

Fonte foto: laRepubblica.it

 

I 55 giorni di sequestro tennero col fiato sospeso l’Italia intera. La gestione dell’intero sequestro da parte delle forze politiche fu confusa e disorganizzata. La politica si spaccò in due: c’era chi voleva trattare coi brigatisti per il rilascio e chi, invece, proponeva la fermezza, ovvero nessun accordo coi terroristi (di quest’idea era lo stesso partito della Democrazia Cristiana, il partito di Moro).

Nei 55 giorni di sequestro le Brigate Rosse inviarono nove comunicati. I brigatisti spiegarono il motivo del loro gesto:

“vedevano nello Stato e perlopiù nella Democrazia Cristiana gli artefici della controrivoluzione imperialista, a favore delle multinazionali, che opprimeva il popolo italiano”.

 

Moro, durante la prigionia, scrisse 86 lettere. Molte erano indirizzate alla moglie, alla quale comunicava i suoi turbamenti, dalle sue parole trasudava una certa angoscia per l’esito di quella prigionia.

Altre furono scritte a papa Paolo VI, amico personale di Moro, a cui si appellò più volte per agevolare la sua liberazione.

Numerose lettere furono inviate ai suoi colleghi del partito, chiedendo un’apertura per il suo rilascio, per chiedere di instaurare una trattativa, alla quale ci fu sempre n diniego da parte del suo stesso partito. Parole dure verranno indirizzate proprio ai suoi colleghi negli ultimi giorni di sequestro, quando forse Moro aveva capito quale sarebbe stato l’esito.

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Fonte foto: Pinterest

 

Fino all’ultimo si cerca una trattativa: i brigatisti offrirono uno scambio di prigionieri politici: Moro per alcuni brigatisti arrestati, ma c’è un no netto da parte della Democrazia Cristiana.
Dalle deposizioni lasciate alla magistratura, emerse che non tutto il vertice brigatista fosse d’accordo con la condanna a morte di Moro.

 

Ma il 9 maggio, dopo 55 giorni di detenzione, Moro fu assassinato da Mario Moretti (uno dei sequestratori) ed il suo cadavere fu ritrovato il giorno stesso in una Renault 4 rossa in via Caetani, in pieno centro di Roma, esattamente a metà strada tra la sede della Dc e quella del Pci, posizione che sicuramente non fu scelta per caso.

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Fonte foto: ModenaToday.it

 

Moro, infatti, negli ultimi giorni della sua politica prima del rapimento, aveva ipotizzato “un’apertura a sinistra” della Dc, verso il Psi di Nenni ed il Pci di Berlinguer, puntando su una “solidarietà nazionale”.

 

È un giorno buio per la storia italiana, non solo politica. Sui giornali campeggia la notizia a chiare lettere: “Moro è stato assassinato”, “Moro è morto”.

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Fonte foto: Repubblica.it

 

La famiglia rifiuta ogni celebrazione ufficiale:

“Nessuna manifestazione pubblica o cerimonia o discorso: nessun lutto nazionale, né funerali di Stato o medaglia alla memoria. La famiglia si chiude nel silenzio e chiede silenzio. Sulla vita e sulla morte di Aldo Moro giudicherà la storia”.

 

Dopo il ritrovamento del corpo, Cossiga lascia il Ministro dell’Interno.

Il caso Moro segna la fine del compromesso storico e del governo di solidarietà nazionale con l’appoggio del Partito comunista.

La lotta alle Brigate Rosse continuò, senza mai trattare, ma anche senza alcuna legge speciale. Ai processi, i brigatisti si dichiaravano prigionieri politici.

 

Il rapimento si era concluso nel peggiore dei modi: la morte di Moro e della sua scorta, lo Stato non era riuscito a trovare il covo delle Br ed a liberarlo, il compromesso storico tra Dc e Pci s’interruppe, le Brigate Rosse non ebbero più un legame con lo Stato e s’isolarono completamente ed il Paese aveva perso forse l’unico leader che poteva assicurare un governo di alleanze e di aperture.

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Fonte foto: Youtube

 

Sono state fatte molte speculazioni sulla morte di Moro, su chi fossero i mandanti e chi gli assassini. Non si scoprì nulla, molte sono ancora le lacune sul caso.

Politicamente non possiamo dire che cosa sarebbe successo se Moro quella mattina di marzo non fosse stato rapito. Ma possiamo dire sicuramente che quel 9 maggio di quarant’anni fa, qualcosa nella politica italiana si ruppe, facendo di quel giorno, non solo una grande lutto per la famiglia di Moro, ma per tutta l’Italia, di ieri ed oggi.

 

“La verità, cari amici, è più grande di qualsiasi tornaconto” diceva Moro e, forse, la verità su di lui e sui suoi ultimi giorni di vita, non la sapremo mai.

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