Ieri sera è giunta la notizia dell’incidente in elicottero e della morte di Kobe Bryant. Una morte inaspettata e tremendamente dolorosa. Oggi ripercorriamo la vita di una delle leggende del basket mondiale.

101524695-457220551-320x217 Kobe Bryant: talento puro e passione, la fine di una leggenda
Fonte foto: Caffeina Magazine

Kobe Bryant era tante cose: marito, padre, leggenda del basket e addirittura vincitore di un Premio Oscar.

La notizia della sua morte è arrivata come un fulmine a ciel sereno: Bryant aveva appena 41 anni e lascia la moglie tre figli; Gianna Maria-Onore era col papà su quell’elicottero e ha perso la vita insieme a lui e agli altri passeggeri.

Se si pensa al basket mondiale, vengono subito in mente alcuni nomi e fra questi non può mancare quello di Kobe Bryant.

Nella sua vita ha giocato prevalentemente nel ruolo di guardia tiratrice ed è nato e cresciuto in una famiglia dedita al basket.

La sua è una delle carriere ritenute migliori nella storia dello sport professionistico ed è stato una vera e propria leggenda dello sport.

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Fonte foto: Il Resto del Carlino

Kobe Bryant nasce il 23 agosto del 1978 a Filadelfia, negli Stati Uniti.

Suo padre era Joe Bryant, giocatore di basket che militò in alcune squadre italiane: proprio per questo, Kobe cresce in Italia, tra Rieti, Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia.

Fin da piccolo mostrò la sua passione e il suo talento per il basket: durante il liceo vinse un titolo statale ed infranse il record di punti nel quadriennio liceale nella zona di Filadelfia.

Nel 1996, nonostante diverse offerte da parte di università prestigiose, decise di fare il grande salto e passare tra i professionisti, dichiarandosi eleggibile per il Draft NBA.

Fu scelto dai Lakers e debuttò tra i professionisti il 13 novembre del 1996, diventando il debuttante più giovane nella storia dell’NBA.

Nonostante le prime difficoltà e le prime critiche, Bryant si mostrò subito capace e segnò i suoi primi 30 punti il 14 dicembre 1997, contro i Dallas Mavericks, per poi replicare (questa volta con 33 punti) solo tre giorni più tardi contro i Chicago Bulls e Michael Jordan.

La sua popolarità saliva sempre più: i tifosi lo amavano e fu decretato il sesto uomo dell’anno, dopo Danny Manning, nel 1997.

Nel 1998 divenne titolare e, dopo un’ottima performance durante la stagione, venne incluso per la prima volta nell’All NBA Team.

Negli anni 2000 la sua carriera fu messa continuamente a paragone con quella di Shaquille O’Neal, che giocava nella sua stessa squadra.

La sua carriera fu compromessa da alcuni problemi giudiziari in questi anni, tra cui un’accusa di stupro da parte di una cameriera di un hotel: Bryant confermò l’avvenuto rapporto, affermando fosse consensuale.

La causa continuò, fino al ritiro della denuncia da parte dei legali della ragazza. La vicenda incrinò ancora di più i rapporti con O’Neal e fece perdere a Kobe diversi sponsor, come Nutella e Adidas.

Nel corso degli anni Kobe Bryant riuscì ad inanellare un record sportivo dietro l’altro.

Nell’annata 2010-2011 Bryant entrò nella top ten dei migliori realizzatori NBA di sempre e divenne anche il primo giocatore ad entrare nella Hollywood Walk of Fame.

Durante la stagione 2013-2014 ebbe un grave infortunio e, nonostante giocò poche partite, nel 2015 si piazzò terzo nella classifica dei migliori realizzatori di tutti i tempi, per un totale di 32’293 punti, superando Michael Jordan e rimanendo dietro solamente a Kareem Abdul-Jabbar e Karl Malone.

Il 29 novembre del 2015 annunciò con una lettera il suo ritiro dal basket e il 18 dicembre 2017, i Lakers ritirarono sia la maglia numero 8 che la numero 24, con una cerimonia allo Staples Center, presieduta da Magic Johnson.

In questo modo, Bryant divenne il primo giocatore nella storia dell’NBA a vedere due numeri di maglia ritirati dalla stessa squadra.

 

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Fonte foto: Sky Tg24

 

Kobe Bryant era un talento purissimo del basket, che si è fatto strada da solo solamente per il suo talento indiscusso.

Il suo nome “Kobe” fa riferimento proprio alla varietà pregiata di carne bovina, quella che i genitori mangiarono al ristorante poco prima della sua nascita.

Dai tifosi, invece, era chiamato “Black Mamba”, soprannome che, in realtà, si era deciso da solo, dopo la visione di Kill Bill.

Nel film vengono descritte le caratteristiche di questo animale e lo scelse perché sosteneva che il suo modo di giocare ricordasse proprio quell’animale.

Bryant scrisse un cortometraggio animato, Dear Basketball, nel 2017, basato sulle lettere scritte dal giocatore e pubblicate quando annunciò il suo ritiro dalla pallacanestro.

Il cortometraggio vinse l’Oscar nel 2018, come miglior cortometraggio animato.

L’uomo è morto il 26 gennaio 2020, a causa di un incidente di un elicottero, insieme ad una delle sue figlie, Gianna, di soli tredici anni.

La sua morte ha spezzato il cuore a milioni di tifosi, atleti ed amanti dello sport e non, che hanno visto spegnersi, all’improvviso, una vera e propria leggenda.

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Fonte foto: Newsly

Kobe Bryant ha fatto ed è stato tante cose: ha vinto 5 campionati NBA, due ori olimpici, ha battuto una miriade di record, ha vinto un Oscar, ma soprattutto ci ha mostrato quanto può essere importante una passione e di come la vita può essere votata totalmente ad essa.

La passione, la tenacia e la forza hanno inciso nella storia il suo nome.
Grazie di tutto campione.

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