Ci siamo chiesti come può essere la vita di una madre single, ma soprattutto come vive questa situazione un figlio.

Per questo oggi vi raccontiamo la storia di Roberta, una donna oggi adulta ma che è stata figlia di una madre single.

La storia inizia negli anni 60, periodo in cui la libertà sessuale femminile è una delle lotte da combattere.

La mamma di Roberta resta incinta volutamente, e altrettanto consapevolmente decide di crescere da sola sua figlia.

Abbiamo fatto alcune domande direttamente a Roberta, per vedere la storia dal punto di vista della figlia. Vediamo che cosa ci ha risposto!

Come si cresce in una famiglia monoparentale?

Mia madre decise che voleva un figlio dopo una forte delusione amorosa: la relazione che aveva avuto con l’uomo che amava, e che credo non abbia mai smesso di amare neanche successivamente, e con il quale rimase in contatto (anche se lui morì anni dopo) le aveva procurato un tale dolore che decise di volere un figlio. In quella scelta c’erano tante cose e non tutte riuscivano ad andare d’accordo tra loro perché era innegabile che ci fosse un senso di amore infinito, ma non potevo trascurare che l’avesse fatto anche per un bisogno personale, quasi egoista.

Il mio padre biologico non so come sia stato scelto. Era un uomo che lei frequentava, uno dei tanti, credo. Forse gli altri avevano già famiglie stabili, forse le piaceva fisicamente, forse aveva qualche aspetto che la intrigava, ad ogni modo non lo so. Così nel 1966, in un giorno di primavera, venni concepita e nacqui dopo 9 mesi e una settimana esatta.

Durante la mia infanzia, non ricordo se vidi mio padre spesso: l’unico ricordo che conservo è del giorno in cui mi insegnò ad andare in bicicletta in un parcheggio vicino a casa. So però che andavamo spesso in vacanza tutti insieme, ma allora si usava fare campeggio libero con un gruppo numeroso di loro amici e con i relativi figli, quindi non eravamo mai noi 3 soli. Quando iniziai le elementari si liberò una casa di fianco a quella dove stava mio padre e ci trasferimmo là. Era un appartamento sullo stesso piano e confinante, così decisero di aprire una porta di collegamento e di utilizzare la cucina in comune. Non durò molto a causa delle fidanzate di mio padre. Così gli appartamenti furono. Divisi di nuovo, fu lasciato solo un balcone comunicante affinché potessi muovermi liberamente fra le due case.

I ruoli all’interno della mia famiglia, erano stravolti: mia madre si occupava della mia quotidianità, mi accudiva, mi risollevava dalle cadute, mentre mio padre si occupava più del mio tempo libero. Passavo con lui tutte le estati e mi ha sempre portato in luoghi pazzeschi. Non posso negare che non abbia avuto problemi, anzi. Ma quale famiglia non li ha?

Ti sei mai sentita o ti hanno fatto sentire diversa per essere figlia di una madre single?

Ricordo ancora i miei compagni di classe che mi chiedevano “Ma come hai fatto a nascere se i tuoi genitori non sono sposati?”
Ma a parte queste domande a cui non rispondevo, credo che il punto cruciale sia che io sono diversa ed è una cosa di cui ho assoluta consapevolezza. Anzi, credo di essere unica, perché dubito che ci sia anche una sola altra persona in tutto il mondo che abbia potuto vivere un’esperienza famigliare come la mia.

Questa esperienza mi ha condotto a costruirmi un sistema di valori che è molto diverso da quello comune. Per me la famiglia è qualcosa di misterioso, non riesco a coglierne molti aspetti, come il concetto di amore incondizionato per un figlio.

Non ho mai vissuto una vita a 3 (nel senso di madre, padre e figlio) e questo mi ha creato anche molti problemi quando il figlio del mio attuale compagno è venuto a vivere con noi per qualche tempo. Le uniche esperienze che avevo vissuto erano durante le ferie in compagnia di mio padre e della sua compagna del momento, con le quali non ho mai avuto rapporti idilliaci, a dire il vero. Situazioni però in qualche modo privilegiate, lontane dalla gestione del quotidiano.

Che tipo di madre single hai avuto?

Mia madre non è facile da descrivere. Figlia di due ingegneri civili (ebbene si, mia nonna è stata una delle prime donne laureate al Politecnico di Milano, dalla mente estremamente aperta), dopo alcuni anni di ribellione liceale, è stata una spugna di cultura. Da autodidatta si è sempre occupata di un sacco di cose, dall’arte al teatro, dal cinema alla musica e assidua lettrice. Ancora oggi, all’età di 86 anni è un trattore che non si ferma mai e fa addirittura attività di volontariato.

Nei miei confronti, però, malgrado la sua visione alternativa del mondo (madre single nel ’66, ben due anni prima della rivoluzione sessantottina), con me ha sempre avuto un atteggiamento un po’ da generale. Per lei l’educazione era una fissazione assoluta: “Stai seduta composta!”, “Non mangiare con le mani”, “Saluta!” e via dicendo. Poi c’erano quei momenti in cui magari cenavamo in sala davanti al nostro programma preferito (Fame o Ellery Queen, o altri), a base di budino alla crema o gelato. Oppure mi lasciava andare a dormire fuori la notte o faceva venire i miei fidanzati a dormire da noi, senza alcuna remora.

In questo suo atteggiamento ci ho visto delle grandi contraddizioni, con cui sto facendo i conti ancora oggi. Spesso mi è difficile starle vicino: è estremamente critica nei confronti del mondo, sembra che non le vada mai bene niente, vuole imporre il suo modo di vedere su ogni cosa, anche quelle che non conosce e alla fine ne esci pazzo. Per un certo periodo della mia vita non riuscivo più ad amarla. Me lo ha fatto notare una sua amica a cui avevo chiesto se si è obbligati ad amare una madre per forza. Io non lo ricordavo, ma non mi ha sorpreso.

Hai mai subito discriminazioni per non avere un padre accanto?

No, questo no. Piuttosto mi sono sentita discriminata per avere una madre così, anche se c’entra poco con la questione monoparentale. Un sacco di miei compagni del liceo venivano a casa mia e passavano delle ore a parlare con lei, invece di stare con me e questo mi dava un dolore enorme.

Li capisco, era una donna aperta, in grado di affrontare qualsiasi argomento, anche quelli che nelle loro famiglie erano tabù e loro cercavano di assorbire quanto più possibile e di trovare quel supporto che non riuscivano a trovare altrove.In quel periodo credo di averla odiata. Poi il liceo è finito.

Avresti voluto una famiglia classica o comunque diversa?

Classica no. O almeno non mi importa. Forse avrei voluto due genitori diversi ma credo che questo possa valere per chiunque.

Di mia madre ho già detto. Mio padre è un uomo estremamente opportunista, che ha gestito la relazione con me in termini di un bisogno personale. È un padre che è riuscito a dire a sua figlia delle frasi assolutamente fuori luogo e di cui non si rende neanche conto, che non starò qui ad elencare per pura decenza. Ma i genitori non si scelgono, lo sappiamo tutti. E in fondo, se oggi sono quel che sono, lo devo anche a loro.

Forse sono io che vorrei essere diversa: superare certi scogli non è facile neanche alla mia età e mi rendo conto che se riuscissi a limare qualche spigolo sarei una persona migliore. Ci sto lavorando su.

Parlaci un po’ di te e di cosa ha significato per te non avere il padre a casa accanto a tua madre.

Sinceramente non lo so, perché non conosco l’alternativa. Probabilmente si sarebbero instaurate altre dinamiche famigliari, perché un nucleo a 3 è ben diverso da uno costituito solo da 2 persone.

Io non avevo alleati: tutte le battaglie con mia madre me le son dovute gestire da sola, anche se in quelle con mio padre lei ogni tanto è intervenuta, ma solo in rarissimi casi. Ancora oggi faccio fatica a far valere le mie opinioni in uno scontro a due e forse è una conseguenza diretta.
Di me che posso dire? Nulla, non voglio aggiungere nulla.

Questa la storia di Roberta, figlia di una madre single, piena di emozioni e questioni ancora irrisolte ma in cui l’amore (forse egoistico e irrazionale) è protagonista.

Voi conoscete storie di madri single? Se volete raccontarcele saremo la vostra voce!

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