Francesco Guccini: le 8 canzoni più belle

Francesco Guccini è uno dei più grandi cantautori italiani. Spesso citato insieme a De Gregori e De Andrè per raccontare il periodo d’oro del cantautorato moderno italiano, l’artista “impegnato” ha in tutte le sue canzoni la capacità di raccontare storie particolari elevandole a significati universali. i suoi brani raccontano di vita, di politica, di giovani, di ideali, di amore. Ciascuno invita al dubbio, all’interpretazione, invitano a guardare la realtà da un altro punto di vista. Ecco gli otto più belle (in ordine sparso).

È un mondo futuro, a seguito di una catastrofe naturale, quello cantato da Guccini in questa canzone. Un mondo senza uomini “per mille secoli almeno”, dove la natura ritrova la sua forza originale tra le macerie del mondo artificiale. Un inno alla forza generatrice della natura, ma allo stesso tempo denuncia dell`effetto distruttivo dell`uomo sulla stessa.

E il vento d’estate che viene dal mare
Intonerà un canto fra mille rovine
Fra le macerie delle città
Fra case e palazzi, che lento il tempo sgretolerà
Fra macchine e strade risorgerà il mondo nuovo,
Ma noi non ci saremo, noi non ci saremo

  • Venezia

Venezia, in questa canzone, diventa sfondo e metafora per la storia di Stefania, una giovane madre che “affonda” morendo “di parto gridando sul letto sudato di un grande ospedale”. La città si vende ai turisti, ciechi al “fumo o la rabbia di Porto Marghera” e sordi alla “sirena di Mestre”. E come la città è lasciata ad un malinconico abbandono al turismo, così la storia di Stefania è narrata come destinata ad essere dimenticata.

  • Eskimo

Forse il capolavoro di Guccini, Eskimo è il racconto di amore non convenzionale, tra un giovane che aveva “la rivolta tra le dita” e una ragazza con il paletò. A fare da sfondo alla vicenda, ma protagonista al pari dei due giovani, c’è il clima rivoluzionario ormai passato del Sessantotto, il rifiuto della religione e del sistema e la scoperta delle droghe e del sesso, guardati con nostalgia da una voce narrante ormai adulta.

Perché a vent’anni è tutto ancora intero
perché a vent’anni è tutto chi lo sa
a vent’anni si è stupidi davvero
quante balle si ha in testa a quell’eta’

  • Cirano

Questa canzone di Guccini riprende le vicende del Cirano de Bergerac di Rostand, un cadetto di Guascogna che “non sopporta la gente che non sogna”. Tramite Cirano, il cantautore denuncia l’ipocrisia moderna, il qualunquismo, l’arrivismo, la “gente vuota”, l’idolatria e il materialismo e invita a ritrovare una dimensione autentica, non disillusa, in cui si riscoprano il valore dell’amore e la bellezza dell’avere le ali.

  • Stagioni

Guccini è un cantautore impegnato che narra gli anni in cui è vissuto: la morte di Che Guevara non può essere da lui ignorata e raccontata insieme al clima di quegli anni, fatto di “belle illusioni”. Le stagioni nel titolo alludono allo scorrere del tempo, che cancella quelle illusioni e annienta le ribellioni. Tuttavia, dice Guccini in conclusione, “da qualche parte un giorno, dove non si saprà, dove non l’aspettate, il “Che” ritornerà”.

  • Quattro stracci

Ritorna in questo capolavoro di Guccini la critica al mondo contemporaneo già citata in Cirano, quella ai materialisti, alle persone troppo concrete, con la mente “dalle gambe corte” e le “spalle sempre coperte”, limitatamente semplici, sempre pronte a criticare chi diverso dal loro limitato e chiuso canone, che rinnegano la fantasia, “le nuvole e la poesia”.

Ma io sono fiero del mio sognare, di questo eterno mio incespicare

e rido in faccia a quello che cerchi e che mai avrai!

Non sai che ci vuole scienza, ci vuol costanza, ad invecchiare senza maturità,

ma maturo o meno io ne ho abbastanza della complessa tua semplicità

  • Don Chisciotte

Eccolo di nuovo, il contrasto tra idealismo e realismo. Il primo è Don Chisciotte, che insegue mulini a vento con il sogno di sconfiggere l’ingiustizia nel mondo. Il secondo è Sancio Panza, che deride il compagno e lo segue solo per avere un castello come ricompensa. Tuttavia l’incomunicabilità inziale diventa alla fine diventa comprensione, accettazione e amicizia.

Sancho ascoltami, ti prego, sono stato anch’io un realista,
ma ormai oggi me ne frego e, anche se ho una buona vista,
l’apparenza delle cose come vedi non m’inganna,
preferisco le sorprese di quest’anima tiranna
che trasforma coi suoi trucchi la realtà che hai lì davanti,
ma ti apre nuovi occhi e ti accende i sentimenti.

  • Dio è morto

La critica qui si sposta, oltre che sulla società in generale, a chi si accanisce contro i giovani leggendoli come vuoti di ideali, sogni e coraggio. Dio diventa incarnazione di ogni tipo di credenza, religiosa e, soprattutto, non. Tuttavia il cantautore si distacca da questa visione di una gioventù vuota, vedendola invece come una generazione “preparata a un mondo nuovo e a una speranza appena nata, ad un futuro che ha già in mano, a una rivolta senza armi”, capace dunque di costruire un mondo nuovo e migliore.

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