Siamo molto legati all’idea di avere un ruolo nel mondo ed è difficile immaginare che non sempre ci si riesca a riconoscere in quello biologicamente prestabilito. Questo è probabilmente il motivo per cui ci sono alcune condizioni, come quella dei transessuali e dei transgender, che tutt’oggi sono ancora poco comprese e spesso giudicate sulla base di pregiudizi.

Per capire meglio, cominciamo con il definire cosa si intenda con questi due termini cosí confusi ma differenti. Con il temine ombrello transgender si definisce un individuo che non si riconosce nel sesso biologico assegnatogli alla nascita. Rientrano in questa definizione tutti coloro che non si ritrovano negli stereotipi di genere come i come i queergender, bigender, pangender e cosí via. Vuol dire, quindi, che non per forza una persona in questa condizione si possa sentire esclusivamente maschio o femmina: puó infatti riconoscersi in entrambi i sessi, in nessuno di questi o in tutti e due ma in momenti differenti.

I transessuali sono, invece, coloro che, come i transgender, non si ritrovano nel corpo in cui sono nati e che, per alleviare questo disagio, ricorrono alla medicina e alla chirurgia per cambiare il proprio sesso e le caratteristiche fisiche a questo associato.

In ogni caso entrambe queste disforie di genere* non riguardano e non influiscono sull’orientamento sessuale. Per intenderci, un uomo che sceglie di diventare donna non deve, per forza, essere attratto dal genere maschile o viceversa nel caso opposto.

Sebbene quello del transgenderismo non sia un fenomeno dei tempi moderni, ma esistano testimonianze risalenti alle antiche civiltà Asiatiche, nella storia e nella medicina solo di recente si è compreso che non si stava parlando di un disturbo mentale bensì di una disforia. Se dapprima questa condizione veniva, dunque, trattata al pari di una vera e propria malattia con psicoterapie mirate alla “guarigione” dell’individuo, dagli anni sessanta in avanti si decise di cambiare approccio agevolando la transizione da un genere all’altro.

Chi decide di sottoporsi alle terapie ormonali prima e all’operazione chirurgica dopo, viene oggi seguito da esperti del settore che si accertano delle condizioni mentali e fisiche della persona. Nonostante ciò il tasso di suicidio tra transessuali e transgender è ancora altissimo e il motivo non è solo il già complicato percorso di presa di coscienza di sé stessi e della propria identità di genere ma soprattutto la fortissima pressione sociale che nella maggioranza dei casi impedisce a questi individui di integrarsi nella società.

Ancora oggi tutte queste condizioni sono molto lontane dalla nostra totale comprensione e la chiusura mentale, eredità di secoli di una cultura bigotta e autoreferenziale, rende ancora più difficile questo processo. Se peró ci pensiamo, é assurdo che rispondere alla propria natura debba essere un atto di coraggio e non un diritto di qualsiasi essere umano.

Autore: Morgana Meli

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