9 maggio 1978: L’Italia intera si sveglia in questa giornata con una notizia sconvolgente. Il corpo dell’onorevole Aldo Moro, rapito dalle Brigate Rosse il 16 marzo, è stato ritrovato nel baule di una Renault 4 rossa.

Si conclude il 9 maggio 1978 il periodo, poi emblematicamente chiamato “I 55 giorni di Moro”, che ha tenuto il paese con il fiato sospeso. Aldo Moro era un politico apprezzato da una fetta considerevole di popolazione e criticato da un’altrettanto ampia fetta. Era infatti deputato della Democrazia Cristiana e ideatore, insieme a Berlinguer del Partito Comunista Italiano, della strategia della solidarietà nazionale, che avrebbe dovuto stemperare le difficoltà interne alla politica italiana tramite la collaborazione tra partiti.

Le vicende che circondano il suo rapimento e la sua morte sono ancora poco chiare.

Dopo il 16 marzo, i principali partiti italiani stabiliscono “il fronte della fermezza”, eliminando apparentemente ogni possibilità di trattativa con i terroristi delle Brigate Rosse. Nonostante questo, manifestazioni e scioperi coinvolsero l’Italia e due trattativi di trattativa ci furono. Uno coinvolse il Vaticano, Androtti e il Partito Comunista italiano. L’altro coinvolse invece Bettino Craxi del PSI e Fanfani della Democrazie Cristiana. Questi tentativi non andarono a buon fine e le Brigate Rosse continuarono il loro “processo del popolo” a Moro, fino alla condanna a morte.

Il 18 aprile un comunicato delle Brigate Rosse, che si scoprirà essere falso, annuncia che il corpo di Moro si trova nel lago della Duchessa, tra Lazio e Abruzzo. Il 18 aprile infatti Aldo Moro era ancora vivo: l’omicidio avverrà soltanto venti giorni più tardi.

Il rapimento e l’omicidio di Aldo Moro si inseriscono in un quadro più ampio di terrorismo.

Gli “anni di piombo” hanno scosso l’Italia tra il 1969, con la strage di Piazza Fontana, fino al 1974, con Piazza della Loggia e il treno Roma-Monaco, e al 1978, appunto con Aldo Moro. Per qualcuno eredità dei movimenti sessantottini nonostante le evidenti differenze, per qualcuno guerra civile, per altri un divampare di guerriglia e di morte, gli “anni di piombo” furono un periodo complesso ed eterogeneo, che coinvolsero tanto gli estremisti di sinistra, come le Brigate Rosse, quanto quelli di destra, che alla gambizzazione e ai “processi di popolo” preferivano le stragi e la strategia del terrore.

Era la notte buia dello Stato Italiano, quella del nove maggio settantotto.
La notte di via Caetani, del corpo di Aldo Moro, l’alba dei funerali di uno stato.
Allora dimmi se tu sai contare, dimmi se sai anche camminare, contare, camminare insieme a cantare
la storia di Peppino e degli amici siciliani. –Modena City Ramblers, I 100 passi

Ma il 9 maggio 1978 è una data segnante per l’Italia anche per un altro motivo, un altro omicidio; si tratta di quello di Peppino Impastato ad opera della mafia di Cinisi.

All’epoca messo in ombra dalla risonanza del caso Moro, oggi la storia di Peppino sta diventando conosciuta grazie anche a film e canzoni quali quella sopra citata.

Peppino Impastato nasce a Cinisi da famiglia mafiosa. Da ragazzo si avvicina alle idee socialiste e manifesta contro grandi azioni di mafia nel circondario di Cinisi. Per questo, il padre lo caccia di casa.

Peppino combatte la mafia con la cultura.

Prima fonda un gruppo culturale, Musica e cultura, poi una radio, Radio Out. Proprio dalla sede di Radio Out denuncia, insieme agli amici, gli affari mafiosi del boss Badalamenti “Tano Seduto” e dei suoi uomini, con tono satirico.

Nel 1978 si candida alle elezioni provinciali, ma non scoprirà mai il risultato delle elezioni; la mafia lo ucciderà. Gli uomini di Badalamenti, la notte tra l’8 e il 9 maggio 1978, lo picchiano, lo legano ai binari del treno e lo fanna saltare in aria, distruggendo, oltre al suo corpo distruggono anche la sua immagine, facendolo passare come un suicida.

Ma, grazie all’azione della sua famiglia e degli amici, che mai si arresero a questa immagine distorta dei fatti del 9 maggio 1978 approvata anche dalle autorità, la verità oggi è conosciuta.

Peppino viene riconosciuto per il suo coraggio e le scelte di antimafia e legalità che ha compiuto nel corso della sua vita. Celebre sono le sue parole per quanto riguarda le bellezza: se la si insegnasse alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà, facendo in modo che rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore.

 

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