Nell’era dei social network e delle false identità, per un adolescente o un adulto, la probabilità di cadere vittima di revenge porn è molto alta.

Girovagando sul web, tra i social, le chat e le pagine di meme, è evidente l’inconsapevolezza di molte persone, che siano uomini o donne, adolescenti o adulti.

Spesso e volentieri, chi per bassa autostima, chi per compiacere il proprio partner, chi semplicemente perché vuole farlo, tende a mandare foto di nudità, i cosiddetti nudes, a persone che poi ne approfittano.

Una foto poi può diventare un video, e insieme divengono una minaccia e una vita può essere rovinata da un piccolo errore postato sul web che rimane quindi, eterno.

Ma da adesso non sarà più così. Grazie alla lotta di diverse donne e a causa di fin troppe vittime, il revenge porn sarà finalmente punibile legalmente.

Cos’è il revenge porn

Revenge porn è una locuzione inglese testualmente tradotta con “vendetta porno” e indica la pubblicazione su internet di immagini o video di nudità o pornografia di una persona non consenziente.

A volte le telecamere o i cellulari sono nascosti, altre volte la vittima li vede ma si fida dell’amante, pensando che, dopotutto, non potrebbe succedere nulla di male, che li terrà per sé.

Magari a volte ci si sente anche lusingati, perché lui preferirà guardare un video dove ci sei tu e non una pornostar. Ma non è così.

Spesso a pubblicare questi contenuti, che diventeranno revenge porn, è un ex partner o anche solo un ragazzetto (o una ragazzetta).

Nel primo caso, lo si fa a scopo di umiliare l’ex ragazza o ragazzo, quindi pubblicando anche i dati personali, come nome, cognome o città, della vittima.

Forse si cerca notorietà, si cerca di risaltare in questa massa di adolescenti tutti uguali che cercano in egual modo di distinguersi.

Si cerca fama, vendetta, divertimento, ma non si pensa mai a chi subisce. Non si pensa all’impatto che avrà un singolo click di un mouse sulla vita di una persona.

Chi sono le vittime

In molti casi le vittime sono addirittura minorenni, il caso più eclatante è quello successo a Treviso nel 2014, che vede come vittima una bambina di soli 13 anni.

La tredicenne si era lasciata convincere ad avere un rapporto sessuale con tre ragazzi tra i 14 e i 15 anni, che registrarono l’atto e poi lo inviarono a un milione di coetanei tramite whatsapp.

Altre vittime di revenge porn sono invece adulte, come nel noto caso di Tiziana Cantone, 31enne di Mugnano di Napoli che ha deciso di metter fine alla sua vita pur di non affrontare tutto ciò che le persone dicevano di lei sul web.

Come se una singola azione potesse descrivere una persona. Come se non fosse lei la vittima. Perché tutti prendevano in giro lei, che aveva come unica colpa quella di essersi fidata della persona sbagliata.

Ma le vittime possono essere anche vip, come Belen Rodriguez, Diletta Leotta e Giulia Sarti, e a livello internazionale Jennifer Lawrence:

La showgirl argentina fu minacciata dal suo ex fidanzato di diffondere in rete il filmato se la donna non gli avesse dato 500 mila euro. Belen, di risposta, lo denunciò.

Il celebre volto di Sky e la politica italiana del partito del M5S, hanno entrambe trovato i loro scatti e video intimi sul web, probabilmente rubati dal cloud.

La vittoria del 2 Aprile 2019 contro al Revenge Porn

Il voto è stato unanime, nonostante l’iniziale bocciatura, per l’emendamento al disegno di legge contro il revenge porn.

Per cui, chiunque volesse vendicarsi di un’ex partner, sarà accusato di molestia, violazione della privacy e diffamazione e, in casi estremi, anche di istigazione al suicidio.

Ma conoscendo quello a cui vanno incontro le vittime, l’accusa dovrebbe essere anche di cyberbullismo.

La pena per chi violerà questa legge contro al Revenge Porn sarà da uno a sei anni di carcere e un risarcimento da 5 a 15 mila euro.

Cosa prevede il testo di legge

Il testo prevede che:

chiunque invii, consegni, ceda, pubblichi o diffonda immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e multa da 5.000 a 15.000 euro. La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o il video, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.

(Fonte: quotidiano.net)

E la pena sarà anche per:

chi ha ricevuto il materiale in questione, per poi pubblicarlo e diffonderlo, con l’obiettivo di recare un danno a colei o a colui che si vede nelle foto o nei filmati. Viene inoltre stabilito che la pena aumenta nel caso in cui la diffusione di materiale “compromettente” avviene per mano del coniuge, anche separato o divorziato, o da una persona legata o che è stata legata a quella offesa. Stessa cosa se la distribuzione del materiale avviene attraverso gli strumenti informatici o telematici.

(Fonte: SkyTg24)

 

E per questo passo avanti dobbiamo dire un grande grazie alle donne, in questo caso quelle in parlamento, che ancora una volta hanno lottato e cambiato la storia per i loro diritti contro uomini maschilisti e sessisti.

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