Articolo di Milena Vitucci

La Manchester Art Gallery ha deciso di ritirare dall’esposizione “Hylas e le ninfe” (1986), dipinto del preraffaellita John William Waterhouse.

Waterhouse_Hylas_and_the_Nymphs_Manchester_Art_Gallery_1896.15-320x198 Femminismo e censura alla Manchester Art Gallery
Hylas e le ninfe (1986)

Il dipinto mostra sette ninfe pubescenti e nude che tentano di sedurre un bel giovane. Dopo aver rimosso dalle sue pareti “Hylas e le Ninfe“, la Manchester Art Gallery ha quindi posto una precisa domanda:

“È una fantasia vittoriana erotica troppo lontana! Nel clima attuale è davvero cosi inadatta ed offensiva per il pubblico moderno?”

Il soggetto e la rappresentazione al centro del quadro è stata percepita appunto come offensiva, perché frutto di come gli artisti maschi hanno inseguito e rappresentato i corpi delle donne, rendendoli una forma d’arte decorativa passiva o, al contrario ma in maniera altrettanto negativa, dando vita a figure di “femme fatale”, erotiche e portatrici di guai. Il dipinto è stato quindi sostituito con un avviso che spiega che è stato lasciato quello spazio temporaneamente vuoto per “stimolare le conversazioni su come vengono mostrate e interpretate le opere d’arte nella collezione pubblica di Manchester”.

Lo ha dichiarato Clara Gannaway, curatrice del museo, che ha inoltre sostenuto che non si è trattato di censura, ma di un tentativo di avviare una discussione attorno al tema della femminilità.

51M154tWtXL._SX425_-320x320 Femminismo e censura alla Manchester Art Gallery
Hylas e le ninfe (1986)

Ma come è stata percepita dal pubblico la rimozione del quadro?

Le reazioni sono state contrastanti: qualcuno ha pensato ad un “precedente pericoloso”, altri invece a un gesto politicamente corretto. Lo spazio vuoto lasciato dal quadro è stato riempito da una decina di post-it realizzati dal pubblico e predisposti dalla curatrice: la maggior parte erano insulti verso il museo e accuse di affronto all’arte, con richieste di rimettere l’opera al suo posto. In ambito social l’effetto non è stato migliore.

Se l’assenza del quadro, sostituito dal cartellone e dai messaggi ha una forza iconografica come immagine effimera e installatoria, andando nei contenuti non c’è la possibilità di alcun approfondimento sul corpo femminile.

La Manchester Art Gallery ha quindi così imposto questo veto artistico e non si sa per quanto tempo il dipinto rimarrà in cantina.

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