Come essere mamma in carriera: l’esempio di Alessandra Nicolaci

Laureata in Psicologia al Bicocca di Milano, dopo 10 anni nel milanese è tornata in Puglia per aprire un’azienda tutta sua. Sposata da 7 anni, mamma di un bambino di 5 e in dolce attesa la psicologa e imprenditrice in carriera Alessandra Nicolaci ci racconta cosa vuol dire essere mamma nel 21 secolo.

In cosa ti ha aiutato essere mamma nel lavoro?

Essere mamma nel lavoro mi ha aiutato ad organizzare e ottimizzare il tempo utilizzandolo al meglio. Sapendo chiaramente di avere poche ore al giorno libere quindi da dedicare a mio figlio, cerco di concentrare tutti gli impegni lavorativi in mattinata per dedicare il pomeriggio alla famiglia.

In cosa ti ha danneggiato l’essere mamma nel lavoro?

Io non mi ritengo di essere stata danneggiata dalla maternità, anzi. Sinceramente ho fatto la carriera che mi ero prefissata perciò non credo sia stato un limite per me.

Nella tua carriera da psicologa come hai affrontato la scelta della maternità?

La scelta della maternità, secondo me, è una scelta della genitorialità. La mia è una scelta che ho preso insieme a mio marito, valutando quando fosse il momento opportuno e come avremmo potuto organizzarci dato che entrambi lavoriamo. Avendo il totale appoggio e aiuto da lui, non volevo né precludermi  la possibilità di diventare mamma, che ha la priorità assoluta, ma neanche di rinunciare alla mia carriera.

Abbiamo preso questa decisione per entrambi i figli, per questo non parlerei di scelta della maternità ma di scelta di cogenitorialità, cioè di una genitorialità condivisa col partner.

Come ti sei organizzata nella quotidianità?

Facendo un lavoro autonomo non ho cartellini da timbrare, la mattina inizio a lavorare alle 9:30 con calma. La scuola materna aiuta molto noi mamme perché ci consente di lasciare i bambini fino alle 16:00, per questo motivo cerco di fare il massimo al lavoro entro quell’orario. Nel pomeriggio vado a prendere mio figlio da scuola per trascorrere un paio d’ore con lui, dedicandoci ad attività ludiche. Alle 18, quando rientra mio marito, io ritorno al lavoro lasciando a lui il bambino facendo in modo che non resti sempre a casa di nonni o amici. Nonostante ciò i nonni sono stati per me una risorsa fondamentale, per questo faccio affidamento su di loro quando non ho l’aiuto di mio marito.

Da professionista cosa ne pensi a riguardo ?

Da psicologa io direi che la separazione con i propri figli è spesso un problema per le mamme che magari dopo qualche mese devono rientrare a lavoro e vivono tutto questo con molta sofferenza e dispiacere. In realtà è importante ricordare alle mamma che è il genitore che guida il bambino nella separazione per tanto la madre si deve separare serenamente dal proprio figlio cercando di trasmettergli l’idea che il bambino è nel cuore e nella testa della mamma anche quando quest’ultima è assente fisicamente. Per tanto dare al bambino la sicurezza di poter stare con un’altra persona, di potersi fidare degli altri e stare bene.

edcc-1 Mamma in carriera: limiti e risorse

Guardando indietro rifaresti tutto?

Certo, tornando indietro rifarei tutto. Forse l’unica cosa che avrei preferito è essere diventata mamma un po’ più giovane. All’inizio mi sono fatta condizionare anch’io dalla carriera per paura di non riuscire a fare entrambe le cose. Ma credo che le donne siano capaci oggigiorno di giocare su entrambi i fronti soprattutto perché l’idea del padre è cambiata in questi anni. Anche a loro viene data la responsabilità di educare, di gestire e di stare quotidianamente con i figli, ruolo che prima non avevano.

Vivi sul lavoro situazioni di discriminazione o “svantaggio” perché sei mamma?

Io personalmente non le vivo lavorando in proprio però credo che ci siano; spesso durante i colloqui di lavoro viene valutata anche l’età di una donna per capire se ha in progetto di avere figli, di sposarsi, quindi credo che da parte degli imprenditori ci sia questa reticenza nel selezionare le donne di una certa età. Credo in questa difficoltà, che io personalmente ho avuto la fortuna di non vivere, seppur in gioventù mi sia resa disponibile nel lavorare fino a 10 ore al giorno.

Il tuo compagno di vita accetta la tua condizione professionale? 

Certamente, mio marito accetta anche perché quando ci siamo sposati sapeva già quelli che erano i miei progetti di vita. E’ fondamentale essere chiari subito in modo da non ricevere sorprese da entrambe le parti.

Non trovi che l’uomo possa e debba essere più capace di comprendere la donna, invece di rimanere immischiato in ormai inutili retaggi culturali che vogliono la moglie impegnata in toto nella famiglia? 

Sono dell’idea che l’uomo deve comprendere la donna, anche perché il fatto che la donna lavori dipende da due aspetti che sono legati al cambiamento culturale e sociale. In primis per un’esigenza della donna di sentirsi realizzata ma nello stesso tempo per un’esigenza economica necessaria ormai in tutte le famiglie.

Se sono in grado di accettarlo? Probabilmente non del tutto, perché sentono da un lato l’esigenza di una donna in casa che curi l’aspetto familiare e dall’altra parte un supporto economico. Ma sono convinta che col tempo arriveremo ad una parità assoluta.

Non pensi che molte donne non abbiano il coraggio di vivere la vita che vorrebbero, intrappolate da stereotipi del “è stato sempre così”?

Alcune rimangono intrappolate nel senso di colpa, di rinunciare, di dedicarsi completamente ai figli per il lavoro. Ma credo siano in minima parte perché chi ha studiato con un obiettivo lo persegue cercando di conciliare entrambi gli aspetti.

 

Oggi le mamme in carriera sono tante, basti pensare a personaggi dello spettacolo come Victoria Beckham che concilia l’educazione di quattro figli alla carriera da stilista.

 

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Famiglia Beckham alla fashion week

 

 

 

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