La Casa Bianca del popolo

Si è fatto un gran parlare delle spese folli della casta, di quanto costino al popolo le istituzioni e più in generale il mondo della politica, senatori e onorevoli. Spese folli che schiacciano la posizione economica del paese e che allontana il popolo dalle istituzioni.

quirinale Spese folli: Casa Bianca VS Quirinale

Soprattutto il cardine della politica, ovvero il Quirinale, sede della presidenza della repubblica. Va detto che il palazzo è il più costoso d’europa e del mondo in quanto ad amministrazione. 354 milioni di euro per staffieri, corazzieri e più in generale lo staff che ruota intorno a Sergio Mattarella. Impossibile che un capo di stato costi così enormemente, esageratamente.

Il Quirinale è la Casa degli Italiani e rappresenta l’Italia: perchè i suoi dipendenti mirano a stipendi così nettamente superiori ai comuni cittadini?

Una vera situazione di uguaglianza tra cittadini e la massima carica c’è.

administration-1846270_1920 Spese folli: Casa Bianca VS Quirinale

Siamo a Washington D.C.,1600 Pennsylvania Avenue: davanti a noi si erge nella sua splendida e candida grandezza la Casa Bianca (Così chiamata dai tempi di Theodore Roosevelt), residenza del Presidente degli Stati Uniti, l’uomo più potente del mondo (Donald Trump è il 45°).

Ma è anche punto d’interesse nazionale turistico, museo della storia americana. Chi si occupa della gestione? Ovviamente il personale esecutivo, le cui spese federali che sono più economiche di quelle in Italia.

Tuttavia, essendo aperta al pubblico, qualcuno deve occuparsi dei visitatori e del patrimonio: sono donazioni libere, volontari di una onlus voluta dalla First Lady Jaqueline Kennedy nel 1961 per conservare e valorizzare il mobilio e i quadri dei presidenti da John Adams a George W Bush.

Inoltre la Casa Bianca viene vista come parco nazionale, essendo gestita dal Sistema dei Parchi Nazionali come Yellowstone o la Statua della Libertà. Possibile? In America. La casa della nazione supportata non da spese folli ma da donazioni libere?YES WE CAN grazie ad una Michelle Obama degli anni ’60.

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