Che il sesso sia una delle componenti che muove il mondo non è una novità. Ce ne rendiamo conto nella vita di tutti i giorni interfacciandoci con la realtà esterna che tra web e televisione ci riempie gli occhi di immagini e slogan esplicitamente a luci rosse. Oggi è un fenomeno ancora più evidente perché oltre alle immagini di repertorio che ci vengono propinate, noi stessi possiamo in maniera attiva partecipare a questo sistema con l’esposizione del nostro corpo in forma più o meno gratuita.

Perché lo facciamo è difficile da spiegare ma si può supporre che sia con tutta probabilità per sfamare quella componente narcisistica che la psicologia del 900 ha preso come soggetto di studio e che ha dichiarato appartenere per natura allo spirito umano. E se poi contiamo la nostra discendenza dal mondo animale è più che comprensibile che parlare all’istinto sia il mezzo più efficace per attirare interesse.

Negli ultimi anni la questione circa l’esposizione del nudo parziale o intero ha spaccato in due l’opinione pubblica soprattutto all’interno del movimento femminista. Un episodio in particolare ha suscitato diverse discussioni: si tratta del caso dell’attrice Emma Watson, famosa per il suo ruolo di Hermione Granger in Harry Potter e attivista nella lotta per i diritti delle donne. Proprio lei, da anni paladina del movimento femminista, era stata al centro di uno scandalo dopo aver scattato per la rivista Vanity Fair delle foto in topless. Una situazione che ha indignato una fetta piuttosto sostanziosa delle femministe che avevano fortemente criticato la strumentalizzazione del corpo per attirare consensi dichiarandola una manovra di oggettificazione femminile e puntando il dito contro l’attrice definendola un’ipocrita. La domanda infatti sembra sorgere spontanea: come si può prendere seriamente chi mette in piazza il proprio corpo per qualche attenzione?

A queste critiche la stessa Watson aveva risposto che il femminismo non aveva nulla a che fare con un seno scoperto quanto piuttosto con la possibilità di una donna di scegliere, di essere libera e di avere gli stessi diritti di un uomo ed è per questo motivo che non riteneva una forma di ipocrisia mostrare il proprio corpo davanti ad un obiettivo.

Come tutte le questioni che concernono la morale definire realmente ciò che è giusto o sbagliato è pressocché impossibile. Ma difficoltà a parte, ci si potrebbe chiedere se sia davvero un problema così grande usare un corpo come specchio per le allodole e, nel caso, quale possa essere il confine tra oggettificazione e mercificazione di un corpo e uso consapevole della propria immagine.

Personalmente sostengo che l`oggettificazione esista ma che non sia il vero problema o almeno non in prima battuta. È solo l’effetto collaterale di un pensiero che abbiamo ereditato dalla storia e che oggi conserviamo non si sa perché gelosamente. Giusto per intenderci ritengo più grave il fatto che il nudo e il sordido siano quasi sempre accomunati e che la strumentalizzazione non sia che il risultato di uno sguardo che non riesce a cogliere il solo aspetto estetico.

E se non è per forza promuovendo l’esposizione del corpo nudo come strumento per la conquista di diritti non è neppure demonizzando l’immagine della donna che si combatte una cultura patriarcale e misogina. Esporre il proprio corpo è senza ombra di dubbio una forma di esibizionismo che ognuno accoglie nella misura che ritiene per sé più adatta ma che sia moralmente inopportuno è tutto da vedere. Se ci siamo stressati in anni di filosofia a disquisire se anima e corpo fossero un’unica cosa forse tanto vale scomodare questo concetto nel mondo delle futilità e distinguere un’immagine fine a sé stessa da una persona in carne ed ossa. Ritengo, almeno per quanto mi concerne, di poter guardare la pubblicità di intimo con una modella decisamente sensuale e con la coscienza pulita andare dal mio capo a chiedere di avere lo stesso stipendio del mio collega.

Sebbene mostrarsi al mondo non sia veramente un bisogno fisiologico, il farlo non può essere per forza interpretato come mancanza di integrità morale. Non credo che siano le immagini stesse le nemiche di questa epoca quanto piuttosto tutto quello che le accompagnano, tra parole, testi e pensieri, e in primis una cultura secolare che fa ancora molta difficoltà ad andare oltre i suoi confini. E se da una parte la possibilità di esporre in pubblico se stessi ci fa pensare che al giorno d’oggi il valore del corpo sia arrivato ai minimi storici, a volte mi viene da pensare che al contrario diamo fin troppo peso a questo involucro che peraltro non è che uno degli elementi più effimeri, fuggevoli e plasmabili nel corso della vita.

E quindi, che valore vogliamo dare alla nostra immagine?

Fonte: Morgana Meli

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