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L’aborto è l’interruzione volontaria, aborto indotto, o spontanea, aborto spontaneo, di una gravidanza. Al giorno d’oggi è legale su richiesta nella maggior parte dei Paesi dell’emisfero nord del globo, ma illegale in quasi tutto il continente africano, sud americano e sud asiatico, se non sotto alcune condizioni che variano dalla salute della donna a quella del feto.

La Ru486, una pillola per abortire

Prendere la pillola Ru486 è uno dei metodi per interrompere la gravidanza: è stata inventata in Francia nel 1980 ed è entrata in commercio in Italia nel 2010, permettendo alle pazienti un day hospital; è meno invasiva dell’operazione chirurgica e può essere amministrata entro la settima settimana di gravidanza. Provoca il distaccamento dell’embrione già impiantato nell’utero e deve essere accompagnata da una seconda pillola, la prostaglandina, che provoca le contrazioni uterine e l’espulsione dei tessuti embrionali.

Nonostante abbia provocato la morte di 27 donne in tutto il mondo, una in Italia, l’aborto chimico è sicuro al 96,89%, secondo i dati del ministero della Salute, e l’Ente europeo per il controllo dei farmaci (Emea) ne ha approvato l’uso e ribadito l’affidabilità.

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L’ospedale San Camillo di Roma è l’ospedale capitolino dove si fanno più interruzioni volontarie e uno dei pochi in cui è possibile utilizzare la pillola Ru486.

Nel Lazio abbiamo fatto una battaglia per permettere che la pillola fosse distribuita in day hospital e ora ci stiamo impegnando perché si possa prendere anche nei consultori”, afferma la dottoressa Giovanna Scassellati, dirigente del reparto Day hospital-day surgery 194 dell’ospedale San Camillo di Roma.
Nella maggior parte delle regioni italiane, infatti, l’assunzione della pillola deve essere accompagnata da tre giorni di ricovero in ospedale.

Il numero di obiettori in Italia è allarmante. Una donna italiana è davvero libera di abortire?

In Italia, sono passati esattamente 40 anni e l’aborto è tutt’altro che regolamentato e riconosciuto.

Secondo ANSA, 7 ginecologi su 10 non praticano l’interruzione di gravidanza, come invece permette la legge 194 del 22 maggio del 1978, entro i 90 giorni dal concepimento. Una legge nata dopo il sangue versato di migliaia di donne che abortivano clandestinamente, abrogando le leggi fasciste precedenti.

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Con una diminuzione di aborti nel 2017 e il 70% di obiettori in Italia, i numeri sono allarmanti anche per quanto gli aborti clandestini.

L’Italia è inoltre tra gli ultimi Paesi europei per la tutela della salute delle donne che vogliono abortire; oltre a questo 70%, ci sono otto regioni in cui questa percentuale varia tra l’80% e il 90%, dove si possono registrare numeri altissimi di ginecologi obiettori, per esempio nel Lazio (85,6%), in Basilicata (84,1%), in Campania (83,9%), in Sicilia (83,5%) e in Molise (82,8%).

Le attiviste dell’associazione Non Una di Meno hanno aperto una piattaforma partecipativa chiamata Obiezione respinta per raccogliere informazioni sulla diffusione degli obiettori di coscienza all’interno delle strutture sanitarie italiane. Il sito dà l’opportunità di segnalare e denunciare i reparti e le farmacie dove si esercita l’obiezione di coscienza e di diffondere informazioni sulle strutture in cui non ci sono obiettori.

 

FONTI

Ansa.it

Wikipedia.org

Internazionale.it

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