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Se ami Marylin Monroe non guardare Blonde

Marylin Monroe. Un nome, un’icona. Ma se sei un amante della bionda per eccellenza del panorama cinematografico, non guardare Blonde. E adesso ti spieghiamo il perché.

Il nuovo film di Andrew Dominik, Blonde , con Ana de Armas nei panni di Monroe, ha pregi e difetti.

Sicuramente uno dei meriti della pellicola, è farci ammirare quanto Ana de Armas sia un’ottima attrice; in fondo interpretare Marylin Monroe non è un’impresa affatto facile. Fisicamente simile alla diva, lei stessa ha dichiarato che interpretare questo ruolo è stata una rivelazione emotiva e spirituale.

La pellicola pone in luce quella che secondo Dominik era la vera Marylin, ma riuscire a trovare una risposta alla domanda “Chi è stata Marylin Monroe?” è un emblema che ancora oggi fa discutere. Forse colei che più si avvicina alla soluzione è la storica del cinema Michelle Vogel che dichiara:

“Non credo che ci sia stata una ‘vera’ Marilyn Monroe. Era un personaggio e un personaggio da interpretare, sia dentro che fuori dallo schermo. Al centro di tutto, Marilyn Monroe era ancora Norma Jeane. … Quando recitava una parte, era Norma Jeane, che interpretava Marilyn Monroe, a interpretare quel ruolo. Non facile.”

Ed è proprio questa doppia personalità che vediamo ritratta in Blonde. Ma allora, cos’è che non funziona?

In Blonde conosciamo Marylin ancora prima che diventasse ciò che è nell’immaginario collettivo. Entriamo nella vita di Norma Jeane, una bambina cresciuta con l’assenza d’affetto materno, la continua ricerca del padre (che prova a ritrovare nelle figure maschili che la accompagneranno), il desiderio di diventare a sua volta un genitore. Traumi accumulati che la segnano profondamente e che neanche i rari spiragli di luce, d’amore e recitazione possono alleviare.

Il resoconto romanzato della vita dell’attrice fino alla sua solitudine morte, e l’aggiunta di quelle iconiche scene che tutti ricordano, non rendono però la pellicola un’ottimo prodotto. A mancare di rispetto, diremmo, è la scelta narrativa. Continui flashback, momenti in cui non si comprende se si sta narrando la vita di Marylin o soltanto una sua interpretazione in qualche ruolo. C’è confusione, pezzi di storia che si perdono nel racconto di una Norma Jeane che non sa più chi davvero sia. Ed anche lo spettatore, costretto a tre ore di film, non si rende più conto della differenza tra finzione e realtà.

Bene allora l’insieme di informazioni sulla donna, ma se, personalmente, non avessi guardato la pellicola con una persona che già di Marylin se ne intendeva un pò, probabilmente avrei abbandonato il divano alle prime battute. Tuttavia, il senso di magnetismo che alla fine ti trascina nella storia, è dovuto forse proprio a questo ingarbugliato pensiero di Dominick sull’attrice; probabile scelta per tenere fermi i telespettatori e far dire loro “magari alla fine ci capisco qualcosa”.

“Quando esco dal mio camerino, sono Norma Jeane. Sono ancora lei quando la telecamera gira. Marilyn Monroe esiste solo sullo schermo”.

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