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Alexander McQueen e la sua visione dello spirito femminile

Alexander McQueen: l’hooligan dell’alta moda

Alexander McQueen: stilista, visionario, artista dal talento incontenibile. Un uomo dalla vita particolarmente intensa, umorale, dotato di immensa creatività: creatività irruenta, splendente, incontrollabile.

Troppo amato dagli dei per vivere a lungo” afferma il critico e fashion curator Maria Luisa Frisa, difatti la sua morte precoce, a soli 40 anni, ha contribuito decisamente a creare la leggenda di questo personaggio.

Lo ricordiamo per i suoi teschi, per le farfalle del suo prêt-à-porter, per Savile Row e per le Armadillo Shoe, ma innumerevoli sono le motivazioni che l’hanno portato ad essere incoronato l'”hooligan” della storia dell’alta moda.

Alexander McQueen: Formazione e carriera

Lee Alexander McQueen, classe 1969, inizia la sua esperienza giovanile, appena sedicenne, a Savile Row. Qui acquisisce una conoscenza profonda dell’arte sartoriale: impara a realizzare una giacca alla perfezione ed a costruire un abito con estrema precisione, apprendendo la tecnica e fondendola con la sua “visione”.

Continua poi la sua esperienza a Milano, da Romeo Gigli e successivamente decide di completare la sua formazione presso la Saint Martin’s School of Art di Londra.

Dal 1996 al 2001 è direttore creativo di Givenchy, maison con cui però instaura quasi immediatamente un rapporto difficile, anche a causa dalle espressioni poco gentili che utilizza per definire sui media i tessuti e i ricami francesi.

E’ proprio qui, tuttavia, che Alexander McQueen ha la facoltà di sperimentare per la prima volta il suo genio, dando sfogo alla sperimentazione, alle idee, fino a ridefinire totalmente i canoni stilistici del marchio: introdurrà infatti un approccio del tutto innovativo al prodotto, approccio che sarà utilizzato da tanti designer votati all’innovazione, nei primi anni Duemila (i due passaggi più importanti furono gli ibridi culturali e la ricerca sulle fibre tecnologiche).

Alexander McQueen: il marchio

Terminato il suo lavoro con Givenchy, Alexander McQueen si dedica anima e corpo al proprio marchio: crea collezioni innovative e strabilianti, organizza sfilate che nulla o poco hanno in comune alla classica catwalk: si tratta, più che altro, di vera e propria arte in movimento, cruda, reale, a tratti inquietante, sconvolgente.

McQueen rifiutava con tutto sé stesso l’imperante estetica minimalista che vigeva all’epoca, la sua visione andava decisamente oltre.

Basti pensare ai suoi bustini, ai corsetti settecenteschi, fino a creazioni trompe l’oeil o modellate sul regno animale.

C’era qualcosa di profondamente cupo, malinconico nelle sue creazioni, e nelle collezioni che spesso “riflettevano relazioni paradossali, come la vita e la morte, la luce e l’oscurità, la tristezza e la bellezza”.

© Pinterest

Prima vedo un adorabile abito di chiffon e, subito dopo, una ragazza intrappolata in una gabbia, costretta a muoversi come una marionetta”, dichiarò Alexander McQueen a David Bowie parlando del proprio processo creativo, durante un’ intervista per la rivista Dazed and Confused.

Tra le collezioni più belle e memorabili di McQueen, ricordiamo Dante (AW 1996), il suo irriverente inno grunge, The Widows of Culloden (AW 2006) in cui Kate Moss in versione ologramma fu proiettata al termine dello show di fronte ad una platea sconvolta, The Horn of Plenty (AW 2009), in cui tutto, dal make-up ai bottoni era al contempo armonioso e tremendamente eccessivo, e Plato’s Atlantis (SS 2010), ultima opera d’arte a portare la sua firma, indimenticabile e meravigliosa per le lavorazioni, le stampe e per le impossibili armadillo shoes (indossate poi da Lady Gaga).

© InStyle

Alexander McQueen: tra moda, storia e arte

McQueen conosceva alla perfezione le arti sartoriali, le tecniche, ma aveva soprattutto la forte capacità di innovare, di fondere le conoscenze con una nuova visione della moda. Basti pensare alle sue creazioni: riusciva, ad esempio, a reinterpretare le proprie origini scozzesi con l’uso del tartan, mixandoli in un’estetica prettamente punk.

Non dimentichiamo, inoltre, i suoi abiti di piume o l’estrema precisione dei corsetti in pelle: innovazione e storia, mixati al punto da trasformare l’abito in opera d’arte.

Alexander McQueen era terribilmente affascinato dallo stile punk, cyborg, dallo street style. Era un “ragazzo del popolo” d’altronde.

Era ateo ed assolutamente anti-monarchico, è infatti assurdo e quasi rivoluzionario pensare alla Duchessa di Cambridge Kate Middleton, in un meraviglioso abito firmato McQueen, proprio alle sue nozze.

Aveva anche una forte passione per il gotico, quello vittoriano che combina elementi horror e romantici, temi ricorrente nelle sue sfilate: teschi, corna, gli elementi del memento mori.

Il suo concetto di sfilata/spettacolo teatrale, gli effetti scenografici inusuali, le luci, i movimenti, deriva tutto dal suo potente e disarmante immaginario, dalle sue passioni, dalla sua storia.

Alexander McQueen oggi: la visione femminile di Sarah Burton

A raccogliere l’importante, difficile e quasi impossibile eredità di Alexander, dopo la sua prematura morte, è stata Sarah Burton.

Ma la designer inglese, con la sua esperienza al fianco di Alexander durata ben 14 anni, non solo ha raccolto la sfida, ma pare proprio averla vinta.

Le sue collezioni, riescono a coniugare con grazia il suo personalissimo stile con il memorabile tocco del compianto McQueen. Un mix tra passato e presente, tra nostalgia e avanguardia, Sarah riesce a non farci rimpiangere l’epoca passata.

Soprattutto, riesce a mescolare nelle sue creazioni forza e leggerezza: in sostanza, i connotati del femminile, quello più profondo. E la collezione a/w 2020-2021, è dedicata proprio a questo.

Le donne di Sarah Burton sono eroine, sono coraggiose, forti ed indomabili, sono autentiche.

Un viaggio, questa collezione, che parte dalla campagna gallese ed incontra il suo patrimonio culturale, poetico ed artistico, passando per storia e leggende.

Abiti celesti drappeggiati e ghirlande, giacche dalle spalle importanti, doppio petto con coda di rondine, maglieria grafica, corsetti in pelle.

Accenni di tartan, pattern geometrici, guêpière di pelle, quasi a simulare un’armatura, e gambe inguainate in cuissardes di vernice.

Le modelle avanzano fiere, capelli tirati indietro e dipinti di rosso, il passo energico. Sono guerriere vestite d’opere d’arte, ogni abito è preziosamente definito, l’arte sartoriale dietro ogni capo è indubitabile.

Ogni creazione ha la sua storia, una citazione nascosta, un simbolo, una leggenda. Ogni creazione, è pregna della visione dello spirito femminile: quello spirito indomito, coraggioso, leggero ma forte, che contraddistingue ogni donna.

Chapeau, Sarah!

 

©Harper’s Bazaar
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