Smart Working in quarantena: ma è davvero così… “smart”?

“Quanto mi manca andare in ufficio!”
Quante di voi avrebbero mai immaginato di poter dire, o anche solo pensare, qualcosa del genere?
Due mesi fa questa frase avrebbe generato uno stato di shock, sguardi esterrefatti e rispostacce pregne di costernazione.
Eppure.
I tempi sono cambiati: lo smart working, durante questa quarantena, è diventato la soluzione perfetta per tutte le lavoratrici.
Consente loro di restare a casa, ed al contempo di continuare a lavorare.
Bello, no?
Peccato che per alcune donne, questo tipo di smart working non sia affatto “smart“.
Secondo la ricerca “IOLAVORODACASA” condotta da Valore D, associazione di imprese in Italia che si occupa delle disparità di genere, una donna su tre lavora più di prima.
Imposizioni (necessarie, per carità) come la chiusura delle scuole e delle “attività non essenziali”, non hanno certo alleggerito il fardello alle donne lavoratrici: vita professionale e vita personale non sempre vanno d’accordo, soprattutto se la cura di casa e famiglia grava solo sulla donna.

Quando la casa diventa una gabbia

In questi casi, la casa non è più rifugio sicuro, luogo “felice” in cui tornare, rilassarsi o soltanto distaccarsi dal lavoro: diventa piuttosto una gabbia.
Una gabbia in cui coesistono marito, figli, telelavoro, videoconferenze, pulizie, cucina, e così via.
Immaginate: conferenza via Skype, in cucina. Con i bambini che urlano perché hanno fame. Marito che arranca ai fornelli nel vano tentativo di preparare una merenda (ed ovviamente, non ha la minima idea di dove siano: pane, cucchiaini, piatti, tovaglioli, frigorifero, bambini).
Non c’è luogo in cui isolarsi, urlare, sfogarsi, scappare.
E sono piuttosto certa sarebbe considerato molto poco professionale far volare piatti e padelle durante una video-riunione.
Insomma, esaurimento e crisi isteriche sarebbero dietro l’angolo per chiunque.

Donne e responsabilità in casa

Il problema riguarda, ancora una volta, le donne: le mamme, soprattutto, che devono riuscire a districarsi tra lavoro e cura della famiglia.
Fare lavatrici, cucinare, giocare con i bambini, occuparsi della casa e delle pulizie, ogni giorno, tutti i i giorni.
Ed al contempo, video call, conferenze, riunioni, lavoro.

Come può esserci equilibrio tra lavoro e vita domestica, se tutti i compiti spettano ad una sola persona?

Perché è soprattutto sulla donna che gravano le responsabilità, in casa.

Certo, esistono le eccezioni. Ma qui parliamo della regola. E regola vuole sia la donna a sobbarcarsi oneri e doveri, quando si parla della famiglia.

Sì, anche se lavora.

In questo modo, una donna finisce per sgobbare ventiquattr’ore al giorno, senza mai fermarsi. Senza mai concedersi pause. Per non parlare della concentrazione necessaria per lavorare.
Disciplina, organizzazione, planning settimanale, non bastano.
Non basterebbero nemmeno yoga e meditazione giornaliera.

Un mese alla Spa, in quarantena: ecco, forse quello aiuterebbe.

Insomma, smart working fino a un certo punto: se non dovessimo gestire casa, figli, marito, genitori anziani, spesa, cani e gatti, sarebbe anche utile.

In certe condizioni, invece, diventa piuttosto un gravoso fardello.

Ci sono aspetti positivi?

Noi donne, si sa, siamo resilienti di natura.

Secondo la ricerca di cui sopra, le lavoratrici dimostrano di avere una forte tenuta emotiva: circa il 60% delle donne ha espresso sentimenti “positivi e di rinnovamento”.

Il restante 40% , però, vive questo periodo con “ansia, rabbia e confusione

Sono le giovani mamme a risultare più “confuse”, mentre la fascia femminile sopra i 40 anni riesce a fronteggiare meglio la crisi.

La speranza che tutto questo finisca presto: ecco ciò che accomuna tutte.

Tra gli aspetti positivi dello smart working, dovremmo concentrarci sul fattore meritocrazia: in teoria, si è valutati in base ai risultati e non per il tempo passato dietro ad una scrivania.

In più, se il traffico diminuisce, ci guadagna l’ambiente.

Considerazioni importanti, seppur magre consolazioni: l’unica soluzione è tener duro.

E, soprattutto, cominciare a dividersi i compiti in casa.

Molte volte siamo noi donne a pensare di esser le sole a detenere lo scettro del potere, nella vita domestica.

Ci accolliamo tutti i compiti perché convinte che nessun altro sia in grado.

Vi svelo un segreto: un marito, un compagno o quel che sia, non necessariamente dev’essere un individuo incapace di intendere e di volere.

Insomma, donne: se il tipo di uomo che avete accanto non si rende conto per primo che i compiti in casa vanno divisi equamente, toccherà a voi farglielo capire.

Come? Smettendo di far tutto da sole, semplicemente.

Ad un certo punto la pancia vuota e la catasta alta due metri nel cesto dei panni sporchi, faranno scattare l’allarme nel cervello dell’uomo. E se non dovesse bastare, fate presenti le vostre esigenze.

Parlate. Esigete l’aiuto che vi spetta: è un vostro diritto, se non un dovere.

Abbattiamo i “ruoli di genere”, anche tra le mura domestiche

Combattiamo per la parità di genere da secoli, che senso ha se non iniziamo dalle mura domestiche?

Cenerentola, ragazze, non c’è più. Non esiste più lo stereotipo della donna che deve necessariamente restare in casa e occuparsi di figli e pulizie, mentre l’uomo va a lavorare.

In Italia, il tasso di occupazione femminile continua ad elevarsi, e il divario
di genere nell’occupazione si è finalmente ridotto.

Perché dunque non dovrebbe accadere lo stesso tra le mura domestiche?

Il gap nel lavoro domestico, è spesso ancora decisamente netto. Pochi sono gli uomini che diventano corresponsabili della gestione di casa e famiglia: troppi seguono ancora i ruoli di genere “tradizionali”.

Legati al pensiero che “è l’uomo che deve portare il pane a casa“, non certo la donna. Che può sembrare cavalleresco, o decisamente misogino: a voi la scelta.

E così, anche le donne lavoratrici vengono in qualche modo svalutate: basti guardare all’enorme divario di stipendio che ancora persiste tra uomini e donne.
In questo modo, quarantena o meno, le donne continuano a lavorare il doppio, se non il triplo.

Basta pensare al congedo di maternità, e a quello di paternità.

Ragionare in questi termini, ci sembra ancora troppo normale: che questa quarantena possa darci uno spunto per rivalutare le cose, magari.

Insomma, donne: forza e coraggio. Tutto questo passerà, e torneremo presto ad odiare l’ufficio, il capo ed i colleghi antipatici.

Fino a quel momento, pizzicotti sulla pancia, e…“andrà tutto bene”.

 

 

 

 

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