“Bastava chiedere”. Due parole che racchiudono un piccolo mondo, un piccolo (ma forse non così tanto) spaccato della vita delle donne, su molte delle quali ogni giorno verte tutta la responsabilità dell’intera vita famigliare: figli, casa, marito (o compagno).

Una visione “matriarcale” che nel corso degli anni, nonostante la conquiste fatte dalle donne nel corso della storia, permane ed ecco che molti uomini, davanti a donne sempre più determinate che fanno passi avanti, indietreggiano, stando non più al fianco della loro donna, ma uno se non molti passi indietro.

Questo non li rende più mariti o compagni, ma quasi degli “altri figli”, ed ecco che l’essere in grado di fare qualcosa diventa quasi una condanna, un carico in più da portare. Un “carico mentale”.

“Bastava chiedere” mette alla luce proprio questo, il “carico mentale” che molte donne sono costrette a sopportare ogni giorno.

Non solo fare il proprio lavoro di donna, di madre, di moglie o compagna, ma anche pensare a cosa bisogna fare in casa, a cosa deve fare il marito o compagno per aiutare in famiglia, ad educare i figli, ma anche gestire i colleghi di lavoro, sopportare le amiche. Insomma, pensare prima agli altri poi a loro stesse.

Ma da dove nasce l’idea di “Bastava chiedere”?

Unknown-1-1 "Bastava chiedere" : essere donne è davvero così semplice?

Nasce dall’idea di Emma Clit, o semplicemente Emma, una blogger e fumettista francese, che prima di aprire un suo blog, distribuiva volantini di stampo femminista davanti alla metro. Ora le sue vignette vignette autobiografiche su femminismo e sessualità sono divenute un fenomeno virale in rete e non solo.

Con “Bastava chiedere” Emma racconta, attraverso 10 storie, le diverse sfaccettature del “carico mentale” che noi donne quotidianamente portiamo, e che va a pesare in ogni ambito della nostra vita, da quello familiare, in primis, a quello lavorativo, persino nel rapporto con le amiche.

Quel carico mentale che ci porta a pensare agli altri prima che a noi stesse: un pensiero che condiziona la nostra vita sociale, del quale solo noi donne siamo dobbiamo farci carico. Ma perchè?

Perchè siamo, come descrive Emma, in una “società in cui abbiamo visto le nostre madri farsi carico dell’intera gestione della casa, mentre i nostri padri si limitavano ad eseguire le loro istruzioni, e in cui le donne, nella cultura e nei media, vengono rappresentate come mogli e madri, mentre gli uomini sono gli eroi protagonista di avventure appassionanti al di fuori delle mura domestiche

Mogli e madri, che ricominciando a lavorare, imparano a gestire tutto da sole, “piuttosto che lottare con il partner purché si faccia carico della sua parte”

Un carico “mentale” che si porta dietro un carico emotivo non indifferente, che sfocia in rabbia, un’emozione sana ma che in quanto donne siamo costrette a giustificare, a nascondere per preservare il bene comune, della famiglia, del compagno, per il quale pian piano diventiamo più madri o “crocerossine” che donne da amare.

Uno sforzo emotivo “a senso unico”, ma che noi donne dobbiamo trovare la forza di ridistribuire equamente. Ed Emma con “Bastava chiedere” mette alla luce proprio questo.

Fumetti semplici, ma anche mettono alla luce una realtà concreta, nella quale sicuramente molte di noi si sono trovate almeno una volta. Un invito a guardarsi dentro, a reagire, a “distribuire” questo carico emotivo quotidiano, senza vergogna, a considerare certe reazioni normali e giustificate, anche e soprattutto perchè si è donne.

Ma “Bastava chiedere” è un invito alla riflessione per tutti quei compagni, mariti, colleghi maschi, capi che trovano “normale” che il carico della vita quotidiana deve essere solo portato dalla donna, che hanno ancora la concezione di donna solo come madre, moglie, donna di casa.

Una concezione che non dev’essere la normalità, una situazione che, come conclude Emma, ” è una situazione tutt’altro che ineluttabile, anzi è assolutamente modificabile”

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