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Fatti e dubbi sull’assassinio di Gandhi a distanza di 71 anni

I fatti storici, i dubbi e le analogie con l’omicidio di Kennedy

 

«Sarò contento se, quando qualcuno venisse per uccidermi, io potessi restare calmo, lasciarmi uccidere e pregare Dio che mi conceda di avere un buon sentimento per chi mi uccide».

(Discussione con alcuni visitatori, New Delhi 17 luglio1947, in The collected works of Mahatma Gandhi, vol. 88, Ahmedabad 1983, p. 357)

 

Gennaio 1948, un assassinio prevedibile

A metà gennaio 1948, Il Corriere d’Informazione, come altre testate, pubblicava titoli del tipo:

Il Mahatma non indietreggia

Nonostante l’opinione contraria del Mahatma, nell’agosto del 1947, dopo il ritiro dei britannici, la Partition, ossia la divisione dell’ india provocò sanguinosi scontri.

Gandhi, fautore della non violenza, si oppose a suo modo, con uno sciopero della fame prolungato che sembrò ottenere il risultato sperato.

Il 20 Gennaio 1948 infatti la grande anima ( come veniva definito) sospese la sua pacifica protesta dichiarando:

«I massacri in massa hanno avuto luogo in nome di Dio, ma non in nome della verità. Con questo nome sulle labbra ho interrotto il mio digiuno»

Ma la calma e l’ottimismo durarono poco. Il giorno successivo, 21 Gennaio, Gandhi scampò per miracolo ad un attentato.

Una bomba ad alto potenziale era esplosa di notte nei pressi dalla casa del maestro spirituale durante una riunione di fedeli. Il muro di cinta crollò senza particolari conseguenze, ma l’attentatore fu subito identificato ed arrestato. Si trattava di un giovane indù contrario dalla presenza dei musulmani in Pakistan.

Venerdì 30 gennaio sul Corriere d’Informazione si leggeva:

«Gandhi ucciso ieri sera a Nuova Delhi. Quattro colpi d’arma da fuoco sono stati sparati a bruciapelo contro il Mahatma»

Titolo curioso, dato che si pensava che i colpi inferti fossero tre. 

Fonte : Pixabay

I dubbi e la richiesta di riapertura del caso

Il Killer si chiamava  Nathuram Vinayak Godse ed era un estremista indù; un giornalista che aveva lavorato in ambienti vicini a movimenti dell’estrema destra hindu.

Godse si conquistò il ruolo di eroe e simbolo  per gli estremisti indù grazie alla sua impiccagione.

I documenti relativi al  processo non furono resi pubblici sino al 1977 e non si parlò più di dubbi o possibili insabbiamenti delle indagini per molto tempo.

Nell’ ottobre 2017, Pankaj Phadnis,  sostenne che Godse non agì da solo  e che i colpi inferti fossero quattro e non tre. Non solo, secondo la teoria di Phadis il proiettile mortale non proveniva da una Beretta, arma usata da Godse, ma da un’arma differente e che l’omicidio fosse il risultato di un complotto attuato dagli agenti segreti britannici.

Nel gennaio 2018 si riuscì ad ottenere che la Corte Suprema di Mumbai discutesse della possibilità di riaprire il caso. Questo diede al ricercatore quattro settimane di tempo per dimostrare la sua tesi.

Il 28 Marzo 2018 La Corte Suprema indiana ha respinto però l’ istanza in cui si chiedevano nuove indagini per l’omicidio.  Un tribunale, composto da due giudici, dopo aver ascoltato il parere dell’ ‘amicus curiae’ Amarinder Sharan, che per mesi ha studiato la tesi di Phadis ed esaminato il materiale “inedito”  ha negato la riapertura delle indagini, chiudendo definitivamente il caso.

Analogie con il caso Kennedy

Molti hanno riscontrato analogie tra l’accaduto e l’omicidio di Kennedy:

Fonti:Corriere.it , ANSA

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