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Racconti brevi sotto l’ombrellone: Il ragazzo del treno

Prendo una valigia leggera e salgo sul treno, carrozza meraviglia, lato finestrino, vicino all’imprevedibile.
(Fabrizio Caramagna)

Carrozza 6, posto 18c. Il treno viaggiava spedito, dando l’impressione che nulla lo potesse fermare. Le cuffie sulle orecchie e la musica ad accompagnare lo scorrere del paesaggio fuori. Era una bella giornata. Un bel sole caldo e qualche bianca nuovola sparsa. L’aria primaverile permeava tutto intorno.

Qualche posto avanti a me e alla mia sinistra, qualcosa catturò il mio sguardo. Un libro dalla copertina gialla, che spiccava in quel mare omogeneo di smartphone e tablet. Non riuscivo a scorgere il viso di chi si nascondeva dietro quelle pagine, ma era chiaramente un ragazzo. Cosa che mi lasciò stupita non poco. Non vestiva in modo particolare. Un jeans blu scuro e un paio di Vans nere e bianche, con una maglietta grigia a manica corta, che evidenziava le spalle ampie e le braccia muscolose al punto giusto.

Guardai verso lo scomparto dedicato ai bagagli. Sopra di lui un borsone rosso con la scritta “Karate Team…”. Non riuscivo a scorgere il resto delle lettere. Un atleta. Questo spiegava il fisico, almeno in parte. Era la prima volta, per quel che ne sapevo, che incrociavo qualcuno che praticasse il mio stesso sport. E soprattutto, non era comune vedere un ragazzo con un libro in mano. Per la serie “cose che non ti aspetti”.

Cercai di mettere a fuoco il titolo del libro, mi sembrava familiare. Infine lessi “Musashi”. Ecco perchè mi sembrava di riconoscerlo, avevo anche io quel libro. Mi sarebbe piaciuto distrarlo dalla lettura, usandola come scusa per attaccare bottone. Cosa che la timidezza mi impedì di fare.

Mise giù lo spesso libro, chiudendo gli occhi e poggiandosi del tutto allo schienale e finalmente potei vedere il suo viso. Ebbi un sobbalzo. D’improvviso mi sentii in imbarazzo senza motivo e abbassai lo sguardo sul libro che avevo sul grembo, che non c’entrava nulla con le arti marziali. Sentivo l’impulso di tornare a guardare lo sconosciuto, ma mi forzai a rimanere con gli occhi bassi.

Qualche minuto dopo, sentii una forza invisibile tirarmi a se. Mi sentivo osservata e decisi di controllare se la sensazione fosse giusta. La frazione di secondo successiva mi ritrovai ad incrociare gli occhi del karateka. Occhi marroni, scuri e profondi. La mascella squadrata, ma dalle linee morbide. Capelli corti, castano chiaro, pettinati in su e due labbra che sembravano chiamare le mie. Un accenno di barba curata a incorniciare il tutto.

Il ragazzo mi sorrise e io distolsi lo sguardo, diventando sicuramente rossa in viso. Non mi ero mai vista bella da togliere il fiato, ma abbastanza da piacere. In quel momento mi sentii come fossi una perfetta Ugly Betty. Il treno iniziò a rallentare, stavamo per arrivare alla stazione di Bologna. Lì avrei preso la coincidenza verso Pesaro

Raccolsi le mie cose, preparandomi a scendere. Con mia sorpresa vidi anche lui prepararsi. Anche lui scendeva a Bologna. Ah, te lo immagini ritrovarlo sullo stesso treno verso Pesaro? E mentre scendevo dal frecciarossa, mi ritrovai a sperare fortemente che quello stupido pensiero potesse realizzarsi.

Continua…

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