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La Giornata Mondiale dell’Ambiente: NO alla plastica monouso

La Giornata Mondiale dell’Ambiente fu istituita per la prima volta dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1972 e si festeggia il 5 giugno di ogni anno. Il tema principale del 2018 è la “Lotta alla plastica monouso”.

La nazione che quest’anno ospiterà questo evento è l’India, Stato con un alto tasso di riciclaggio. L’India sarà protagonista di una giornata fondamentale per ricordare all’intera umanità l’importanza del riciclo e del corretto smaltimento della plastica.

Questo materiale costituisce una delle invenzioni moderne più rivoluzionarie, in grado di semplificare le nostre vite, rendendo possibile l’isolamento dei cavi elettrici e quindi, per esempio, la funzionalità degli elettrodomestici. Senza la plastica la nostra vita non sarebbe la stessa.

Ma è fondamentale tenere a mente che circa la metà della plastica prodotta al mondo è monouso. Questa purtroppo costituisce il 70% dei rifiuti marini, che nel tempo si deteriorano, spezzandosi in pezzi sempre più piccoli a causa della fotodegradazione.

Le microplastiche (sotto il mezzo centimetro per dimensione) presentano un problema enorme anche per noi poiché i pesci se ne nutrono, permettendo alla plastica di inserirsi nella catena alimentare. Protagonista del fenomeno è la famosa garbage patch, o Pacific Trash Vortex o Isola di Plastica, un accumulo di rifiuti galleggianti nel Pacifico, la cui natura è non biodegradabile.

Ma, se credete che il fenomeno dell’isola di plastica non ci riguardi perché distante da noi, sappiate che rischia di presentarsi anche nel mar Mediterraneo. Infatti per ogni chilometro cubo d’acqua il Mare nostrum presenterebbe da qualche decina fino a centinaia di chili di plastica.

 

Plastica nel Mediterraneo. Photo by Alessia Pazzano

Ogni anno si riversano dalle otto alle dieci tonnellate di plastica nei mari e si stima che ad oggi siano stati riversate negli oceani circa 150 milioni di tonnellate di plastica.

Di questo passo nel 2025 la sua quantità negli oceani potrebbe triplicarsi ed entro il 2050 la massa di plastica negli oceani potrebbe aumentare al punto di oltrepassare in peso quella dei pesci di tutti i mari.  Al momento ci si può limitare a studiare la superficie degli oceani, ma è possibile che le plastiche si siano diffuse anche molto più in profondità. Purtroppo un quadro migliore non è riservato né all’aria né alla terra.

Secondo “Greenpeace” la causa principale delle ampie e sconsiderate deforestazioni della Foresta Amazzonica, l’ultimo polmone terrestre, sta nell’allevamento bovino. Queste riserve di carbonio vanno assolutamente preservate per evitare di immettere nell’atmosfera una quantità spropositata di gas serra.

L’Amazzonia presenta anche il più complesso ecosistema al mondo, minacciato terribilmente dal sopracitato fenomeno. La famosa attrice francese Marion Cotillard, spiega in che modo il taglio illegale stia distruggendo la Foresta in questo corto animato diffuso da “Greenpeace” quattro anni fa.

 

Marion Cotillard, al Festival di Cannes. Picture by www.vanityfair.it

Ma senza allontanarci tanto, l’inquinamento atmosferico ci riguarda sempre più da vicino.

Il 17 maggio scorso l’Italia è stata deferita dalla Corte di Giustizia Europea per l’inquinamento atmosferico, lo smaltimento di rifiuti tossici e per non aver ottemperato alle indicazioni di abbattimento degli ulivi affetti da “Xylella fastidiosa”. Legambiente sostiene che le misure sporadiche contro lo smog siano insufficienti e che bisogna applicare urgentemente interventi strutturali sul territorio.

Nel nostro Paese i rifiuti tossici non ancora smaltiti sono 90mila metri cubi di scorie radioattive. Di questi 90mila metri cubi, 15mila sono scorie ad alta radioattività che, secondo Legambiente, vanno smaltite all’estero. L’approvazione del programma nazionale di gestione dei rifiuti è doverosa e imprescindibile per il nostro stesso futuro.

I rifiuti sono la causa principale anche dell’inquinamento del suolo. Invero il loro cattivo smaltimento e la dispersione degli stessi può portare a gravi conseguenze, tramite deterioramento o infiltrazioni di liquidi tossici nelle falde acquifere. Infatti si può verificare l’ingresso di sostanze tossiche anche nella catena alimentare tramite animali o ortaggi o, addirittura, l’assunzione di acqua contaminata. Questi eventi possono innescare danni irreversibili all’organismo di un essere umano in base all’età, alla durata e alla modalità di esposizione e a fattori genetici individuali.

L’inquinamento può alterare la chimica del suolo, determinando l’improvvisa venuta meno di una parte di organismi che compongono la catena alimentare primaria, ovvero la base della piramide alimentare di un ecosistema. Ciò può determinare delle importanti ripercussioni sugli organismi predatori. Poi gli effetti sostanze tossiche infiltratesi all’interno di un suolo agricolo possono rendere il raccolto sempre più misero.

Il rimedio più efficace è il corretto smaltimento dei rifiuti sensibili per la riduzione e la prevenzione del pericolo da loro costituito. Efficaci metodi di contrasto dell’inquinamento sono il rimboschimento con alberi adatti alle zone interessate e la bonifica.

Una soluzione al disastro rappresentato dall’inquinamento che sta avvenando la Terra, può essere rappresentato dal processo di biorisanamento.

Il biorisanamento del suolo tramite microrganismi in grado di biodegradare o detossificare sostanze inquinanti tramite processi aerobici e anaerobici, può essere una soluzione al problema dell’inquinamento del suolo e, in futuro, potrebbe esserlo anche per le plastiche nei mari.

Nel 2011 un gruppo di studenti dell’università di Yale, negli Stati Uniti, ha scoperto che il fungo originario dell’Amazzonia, il Pestalotiopsis Microspora, tramite l’attività di enzimi serina idrolasi, provocherebbe la decomposizione del poliuretano.

La prevenzione dei disastri ambientali, il risanamento delle aree compromesse (dove è possibile) e la tutela dell’ambiente tutto dovrebbe essere la prima preoccupazione di tutti noi, ospiti passeggeri sulla Terra.

La speranza è l’ultima a morire ed è anche verde.

 

Alessia Pazzano

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