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L’uomo di ferro – Ascesa, caduta e rinascita di Robert Downey Jr.

Eccessi, tormenti e gloria: le tante vite di un ragazzaccio d’oro

Faccia da schiaffi di Hollywood, ex-ragazzo prodigio delle commedie giovanilistiche anni ’80, protagonista delle cronache scandalistiche, da una decina d’anni tornato istrionica star di prima grandezza. Robert Downey Jr. è l’uomo dalle mille vite.

Cresce a New York nel Greenwich Village, mitica culla di controculture e sperimentazioni artistiche, e subisce da subito l’ingombrante ombra del padre, il regista, sceneggiatore e attore Robert Downey Sr., ebreo di sangue irlandese. Questi pensa bene di far fumare marijuana al figlio già all’età di sei anni,  influendo probabilmente sui suoi problemi futuri. Robert cresce sotto i riflettori, in un mondo dorato ma pieno di insidie. Inizia a recitare in tenera età nelle pellicole dirette dal padre, debutta a teatro e a metà degli anni ’80 è uno dei ventenni rampanti del cinema USA, spaziando dalla commedia al dramma e all’azione.

Nel 1987 fornisce una prova formidabile e sinistramente profetica in Less Than Zero, tratto dall’omonimo romanzo di Bret Easton Ellis, nei panni di un giovane risucchiato dalla tossicodipendenza. La consacrazione arriva nel 1992 con l’eccezionale interpretazione di Charlie Chaplin nel biopic Charlot di Richard Attenborough. Vince il premio BAFTA e viene candidato all’Oscar, riconoscimento che avrebbe forse meritato. Altri due ruoli da ricordare all’inizio del decennio e prima dell’abisso: nell’affresco corale di Robert Altman America Oggi (1993), Leone d’Oro e Coppa Volpi all’intero cast a Venezia, e nella parte del giornalista da strapazzo in Assassini nati (1994), satira pulp di Oliver Stone.

Dal 1996 la sua dipendenza si aggrava, viene arrestato diverse volte per reati connessi alla droga, sconta una pena di un anno in una struttura di riabilitazione e tenta di disintossicarsi, con scarsi risultati. La sua carriera ne risente fortemente, nonostante, tra il 2000 e il 2002, ancora nel bel mezzo di guai legali, e braccato dai tabloid, ritrovi smalto e consensi nella serie Ally McBeal. A quel punto l’ex-golden boy prigioniero dei propri demoni sembra comunque destinato ad un percorso in sordina, lontano dai fasti a cui era abituato. Film amaramente stravisto: rapporto complicato con la figura paterna, talento sprecato, oblìo. La sua espressione strafottente e allucinata nelle foto segnaletiche è però dura realtà.

“It’s like I’ve got a shotgun in my mouth with my finger on the trigger, and I like the taste of the gun metal” (parlando a un giudice della sua tossicodipendenza nel 1999)

Ma la vita talvolta è più sorprendente di qualunque sceneggiatura. Alla soglia dei quarant’anni, anche grazie ad una ritrovata stabilità familiare, allo yoga e alla meditazione, Robert riesce a riabilitarsi e torna lentamente ma inesorabilmente nei quartieri alti dello showbiz. Il thriller orrorifico Gothika (2003) -grazie al quale conosce Susan Levin, produttrice e sua attuale moglie- , il pamphlet sociopolitico di George Clooney Good Night, and Good Luck (2005), la commedia gialla Kiss Kiss Bang Bang (2005), lo sci-fi sperimentale A Scanner Darkly (2006). Questi i titoli che lo fanno sentire nuovamente un professionista e gli aprono la strada per il definitivo, trionfale comeback.

Dopo una parte notevole in Zodiac di David Fincher nel 2007, l’anno dopo viene scelto come simbolo e portabandiera del nascente Universo Cinematografico Marvel. È la vera svolta, la rinascita certificata. Tony Stark, miliardario geniale, filantropo, playboy, spaccone e carismatico, che fa di se stesso un supereroe, è il personaggio tagliato su misura per Robert. Iron Man è il ruolo che lo rende celeberrimo a ogni latitudine, fissandolo per sempre nell’immaginario pop del nostro tempo.

Otto, finora, le fortunate apparizioni sullo schermo nei panni del fondatore degli Avengers. Nel mezzo, altri personaggi iconici e blockbuster dai grandi incassi: lo Sherlock Holmes in salsa steampunk di Guy Ritchie (2009 e 2011), il gioco parodistico-bellico-metacinematografico di Tropic Thunder (2008), che gli vale una nuova nomination dell’Academy. Ma anche la produzione in proprio di The Judge (2014).

Oggi, a 52 anni, Robert Downey Jr., che afferma di essere sobrio dal 2003, è uno degli interpreti più richiesti dalle grandi produzioni, e nel 2015 è stato l’attore più pagato al mondo. Nello stesso anno, grazie alla sua condotta impeccabile e alla ormai conclamata riabilitazione, ottiene la grazia e la cancellazione dei precedenti penali.

L’ego di Robert/Tony. Quando si dice “identificazione tra interprete e personaggio”…

Popolarissimo, esilarante e gigione anche sui social, Robert è vicino alla conclusione del suo contratto con la Marvel. Sta riflettendo, dice, sull’opportunità di lasciare l’armatura di Iron Man “prima che le mie performance diventino imbarazzanti”. È stato tutto, dopo sarà qualcos’altro ancora. Umanissimo, imperfetto supereroe.

Un uomo, un meme.

“I’m not a poster boy for good behavior and recovery in Hollywood, I’m just a guy who knows he has a lot to be grateful for.”

 

Sitografia

https://it.wikipedia.org/wiki/Robert_Downey_Jr.

https://en.wikiquote.org/wiki/Robert_Downey_Jr.

https://www.lascimmiapensa.com/

https://www.mondofox.it/2017/07/03/robert-downey-jr-si-sta-davvero-preparando-a-dire-addio-al-mcu/

https://www.youtube.com/

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