M-Si è liberi nelle tematiche da trattare?

G- La libertà, l’autonomia la si conquista anche con la responsabilità di chi fa il nostro mestiere. Si è liberi quando si è responsabili, si danno notizie vere, verificate, ci si pone delle domande, non ci si schiera per una interpretazione o peggio una parte politica. La libertà è responsabilità, verrebbe da dire parafrasando quel genio che era Gaber. E, per citare un altro grande, consapevoli che il mezzo è il messaggio: la televisione è particolarmente penetrante, forma le opinioni, le può condizionare e bisogna maneggiarla con cautela. Sul web girano notizie false, fotomontaggi, bufale non credibili eppure condivise da migliaia di utenti. In tv questo non può accadere: devi verificare che ogni cosa sia accaduta davvero e in che modo. Devi essere onesto e credibile

M- cosa vorrebbe trasmettere con il suo programma?

G- Un programma è sempre un lavoro corale, frutto della partecipazione di autori e conduttori che con la redazione scelgono i temi e come trattarli. E, come dicevo, che cosa si vuole raccontare. Io personalmente credo che la tv non debba avere un ruolo pedagogico per il pubblico. Non deve insegnare, per quello ci sono le scuole e le famiglie. La tv di informazione ha il compito di mostrare quello che accade, di raccontarlo e dare al pubblico il maggior numero di informazioni possibili. Con credibilità e verità, senza manipolare o omettere nulla. Ma anche con delicatezza, senza incedere sulla parte più morbosa che i fatti (soprattutto quelli di cronaca nera, ma non solo) hanno, senza dare spazio ai dettagli trash che magari ti danno mezzo punto di ascolto in più, ma sviliscono il tuo lavoro. Evitando l’effetto emulazione per il pubblico avendo l’accortezza di dare allo spettatore la capacità critica verso quello che gli stai raccontando. E avendo rispetto per i protagonisti di fatti drammatici, tanto più quando sono minori.

M- Cosa la ispira quando pensa agli argomenti da trattare?

G- La curiosità, che penso sia quello che ti porta a leggere un articolo di giornale, vedere un servizio in un telegiornale con più attenzione, ti porta a vedere un film al cinema. Quando leggo di un fatto mi chiedo sempre: cosa mi dice quello che è accaduto? Dove porta ragionare su questoo fatto? Se il cerchio si allarga e dal particolare (cioè dal fatto in se) si passa a un livello successivo (il contesto nel quale è avvenuto, ad esempio), e poi un altro ancora (le persone che sono coinvolte: le loro storie) e ancora (l’ambiente, la società che la storia attraversa) e così via, allora capisco che l’argomento ha un interesse ampio, che può essere lo spaccato di un mondo più grande. Perché un conto è riferire in un minuto e mezzo (in un tg, ad esempio) un fatto che è accaduto, un altro è occuparsene per più tempo con servizi, persone che intervengono, interviste etc. Cioè costruirci sopra un programma o un pezzo di un programma. O la storia dice anche altro, oppure non ha molto senso dedicargli una trasmissione intera.

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